Che cosa debba concretamente avverarsi nel rinnovamento del Cristianesimo
dipende dal porsi la domanda: "Che cos'è lo specifico cristiano? Che cosa è propriamente il Cristianesimo?", e non dal chiedersi che cosa vogliano i tempi moderni.
Il Cristianesimo non è un grande magazzino, che debba modulare con una certa ansia e preoccupazione la propria publicità in relazione ai gusti e agli umori del pubblico, perché vuole piazzare articoli che i clienti, a dire il vero, non hanno né intenzione né bisogno di comprare (almeno, così, spesso vengono purtroppo gestiti questi esercizi commerciali). Se così fosse, si dovrebbe accettare in silenzio la bancarotta della nostra azienda.
In verità, se vogliamo usare pur sempre un'immagine, per quanto limitata e insufficiente, la fede cristiana è quella medicina divina che non può essere sommistrata secondo i desideri e i gusti del paziente, se non vuole, così facendo, decretare la rovina dell'ammalato stesso. Per parte sua, essa deve esigere che gli uomini distolgano il loro sguardo dai bisogni che essi stessi si sono inventati - in verità, la loro vera e propria "malattia" - per affidarsi con fiducia alle prospettive aperte loro dalla fede.
Sulla base di questa immagine ci è già possibile distinguere vero e falso rinnovamento, dal momento che è ora lecito affermare che la vera riforma è quella che si dà da fare per quanto è autentico mistero cristiano, in sé nascosto e inesauribile, e se ne lascia provocare e formare; falsa riforma è invece quella che corre dietro all'uomo anziché fargli da guida, e con ciò trasforma il Cristianesimo in un piccola bottega che, in crisi con le vendire, si dà da fare per attireare la clientela.
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