GIOVEDI'
SANTO
“Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi”
(Gv 13,14).
Prima ancora di cercare di
capire cosa sia avvenuto durante questa cena tra Gesù e i suoi
discepoli; prima ancora di chiederci come ci impegna tutto questo,
abbiamo bisogno di lasciarci domandare da Gesù: “Tu
credi che io sono il Signore e il Maestro?”.
E' una domanda, che richiede
una risposta precisa e onesta,
perché altrimenti è inutile andare avanti nel discorso. Solo se
credo che Gesù Cristo è Dio, inviato da Dio, per guidarmi alla
salvezza, alla libertà, alla pienezza di vita; solo se credo
fermamente
che Lui è il Maestro, non uno tra gli altri, ma l'unico che conosce
la vera via, allora potrò lasciarmi condizionare la vita da Lui; lo
seguirò, pur con tutte le mie ferite e i miei limiti.
Non dobbiamo dimenticarlo;
a quella tavola c'era anche Giuda. Egli, pur
condividendo il cibo con
Gesù, pur essendo stato chiamato da Lui, non
ha riconosciuto fino in fondo il
Signore; non s'è fidato. A
un certo punto, s'è fidato più di se stesso e s'è perso. Sono
drammatiche le parole del salmo 54: “Se mi avesse
insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di
me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma tu, mio compagno, mio
intimo amico, legato a me da dolce confidenza! Camminavamo concordi
verso la casa di Dio” (55,13ss).
Giuda è un “compagno”, che dal latino cumpanio,
significa, colui che mangia lo stesso pane.
“Capite quello che ho fatto per voi?”
(13,12). No, non hanno capito! Come non ha capito Pietro, che ancora
una volta vuole impedire a Dio, di essere Dio a modo Suo. Ancora una
volta Gesù potrebbe dire a Pietro: “Va' dietro a me …
perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
Un Dio fragile, servo, umile
non riescono proprio a comprenderlo – del
resto anche noi facciamo la stessa fatica -.
Eppure Dio è come Gesù ce lo ha rivelato: Dio lava i piedi agli
uomini e si lascia mettere sotto i loro
piedi.
Perché? Che bisogno c'è?
Perché non usare la potenza? Perché
non rendere tutto più semplice?
Perché Dio è amore e l'amore
non domina, non ferisce, non s'impone. Questa
è la grande rivoluzione di Cristo: l'amore concreto, che porta con
sé anche la sofferenza. Chiunque ama veramente, sa che deve mettere
in conto la sofferenza, perché amare significa inevitabilmente
mettersi da parte per mettere
al centro l'amato.
L'amore è l'unico antidoto
contro il male. Quando si vuole eliminare qualche animale molesto,
gli si propina una polpetta avvelenata, così Gesù ha fatto ingoiare
al maligno la propria carne; mentre il maligno godeva, convinto di
avere vinto, il “veleno” dell'amore lo ha ucciso.
Eccolo l'esempio di Cristo:
mettersi a disposizione fino al dono della vita.
Ecco allora la chiamata per i
discepoli e per noi: “Vi ho dato un esempio … perché
anche voi facciate come ho fatto io” (Gv13,14).
L'onnipotenza straordinaria
di Dio non avremmo certamente potuto imitarla, ma l'amore che si fa
dono, questo sì.
Se dovessi scegliere
RispondiEliminauna reliquia della tua Passione,
prenderei proprio quel catino
colmo d’acqua sporca.
Girerei il mondo con quel recipiente
ad ogni piede cingermi l’asciugatoio
e curvarmi giù in basso,
non alzando mai la testa oltre il polpaccio
per non distinguere i nemici dagli amici,
e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo,
del drogato, del carcerato, dell’omicida,
di chi non mi saluta più,
di quel compagno per cui non prego.
In silenzio...
finché tutti abbiano capito,
nel mio, il Tuo amore. Madeleine Delbrel
S. Pasqua. gpm