Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

giovedì 17 aprile 2014

Capite quello che ho fatto per voi?

GIOVEDI' SANTO

Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi” (Gv 13,14).
Prima ancora di cercare di capire cosa sia avvenuto durante questa cena tra Gesù e i suoi discepoli; prima ancora di chiederci come ci impegna tutto questo, abbiamo bisogno di lasciarci domandare da Gesù: “Tu credi che io sono il Signore e il Maestro?”.
E' una domanda, che richiede una risposta precisa e onesta, perché altrimenti è inutile andare avanti nel discorso. Solo se credo che Gesù Cristo è Dio, inviato da Dio, per guidarmi alla salvezza, alla libertà, alla pienezza di vita; solo se credo fermamente che Lui è il Maestro, non uno tra gli altri, ma l'unico che conosce la vera via, allora potrò lasciarmi condizionare la vita da Lui; lo seguirò, pur con tutte le mie ferite e i miei limiti.
Non dobbiamo dimenticarlo; a quella tavola c'era anche Giuda. Egli, pur condividendo il cibo con Gesù, pur essendo stato chiamato da Lui, non ha riconosciuto fino in fondo il Signore; non s'è fidato. A un certo punto, s'è fidato più di se stesso e s'è perso. Sono drammatiche le parole del salmo 54: “Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma tu, mio compagno, mio intimo amico, legato a me da dolce confidenza! Camminavamo concordi verso la casa di Dio” (55,13ss). Giuda è un “compagno”, che dal latino cumpanio, significa, colui che mangia lo stesso pane.
Capite quello che ho fatto per voi?” (13,12). No, non hanno capito! Come non ha capito Pietro, che ancora una volta vuole impedire a Dio, di essere Dio a modo Suo. Ancora una volta Gesù potrebbe dire a Pietro: “Va' dietro a me … perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
Un Dio fragile, servo, umile non riescono proprio a comprenderlo – del resto anche noi facciamo la stessa fatica -. Eppure Dio è come Gesù ce lo ha rivelato: Dio lava i piedi agli uomini e si lascia mettere sotto i loro piedi.
Perché? Che bisogno c'è? Perché non usare la potenza? Perché non rendere tutto più semplice?
Perché Dio è amore e l'amore non domina, non ferisce, non s'impone. Questa è la grande rivoluzione di Cristo: l'amore concreto, che porta con sé anche la sofferenza. Chiunque ama veramente, sa che deve mettere in conto la sofferenza, perché amare significa inevitabilmente mettersi da parte per mettere al centro l'amato.
L'amore è l'unico antidoto contro il male. Quando si vuole eliminare qualche animale molesto, gli si propina una polpetta avvelenata, così Gesù ha fatto ingoiare al maligno la propria carne; mentre il maligno godeva, convinto di avere vinto, il “veleno” dell'amore lo ha ucciso.
Eccolo l'esempio di Cristo: mettersi a disposizione fino al dono della vita.
Ecco allora la chiamata per i discepoli e per noi: “Vi ho dato un esempio … perché anche voi facciate come ho fatto io” (Gv13,14). L'onnipotenza straordinaria di Dio non avremmo certamente potuto imitarla, ma l'amore che si fa dono, questo sì.

1 commento:

  1. Se dovessi scegliere
    una reliquia della tua Passione,
    prenderei proprio quel catino
    colmo d’acqua sporca.
    Girerei il mondo con quel recipiente
    ad ogni piede cingermi l’asciugatoio
    e curvarmi giù in basso,
    non alzando mai la testa oltre il polpaccio
    per non distinguere i nemici dagli amici,
    e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo,
    del drogato, del carcerato, dell’omicida,
    di chi non mi saluta più,
    di quel compagno per cui non prego.
    In silenzio...
    finché tutti abbiano capito,
    nel mio, il Tuo amore. Madeleine Delbrel
    S. Pasqua. gpm

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