Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 2 agosto 2014

“Gesù partì di là e si ritirò in un luogo deserto, in disparte”



XVIII DOMENICA T.O.

     Gesù partì di là e si ritirò in un luogo deserto, in disparte” (Mt 14,13). In questo poche parole, troviamo due termini molto preziosi:
anekòresen ed èremon. Sono espressioni che sono giunte fino a noi tradotte con anacoresi ed  eremo. Nel momento in cui Gesù viene a conoscenza della morte per decapitazione di Giovanni Battista, si ritira da solo. Egli sa che è giunto il suo momento, perché Giovanni aveva solamente la missione di essere l’annunciatore della venuta del Messia. Gesù sente già a cosa lo porterà la sua fedeltà a Dio Padre. La fine di Giovanni, gli preannuncia ciò che l’attende. Non si può affrontare da soli una situazione del genere. Gesù si ritira, non perché è ripiegato su se stesso, ma per pregare, per stare con il Padre.
     Questo è il primo messaggio di oggi. Non si può affrontare la vita, con tutte le difficoltà, che prima o poi si presentano, senza “ritirarsi”, senza un contatto profondo con Dio. Soprattutto quando si è in crisi, quando la croce si fa pesante, ci si accorge molto bene, che non bastano le preghiere dette con la bocca, si sente l’esigenza di un contatto fisico con Dio; c’è bisogno di sentire una parola personale, rivolta alle nostre orecchie; di un abbraccio, non teorico, ma profondamente reale.
     Di questo Gesù ha bisogno; di questo abbiamo bisogno anche noi. Un’esistenza senza ritirarsi mai nel deserto, diventa presto pesantissima. Per questo il diavolo vuole che siamo sempre immersi nel rumore, nella fretta, nelle relazioni tanto numerose, quanto superficiali. Egli ci vuole distratti. Inoltre “quando ci si ama, si vuol stare insieme … Quando ci si ama, si vuole ascoltare l’altro” (M. Delbrel, La gioia di credere, 100); stare nel deserto col Signore è un’esigenza di vita.
      Qualcuno dirà: “Chi può permettersi il lusso di ritirarsi nel deserto? E dove poi?”. Ascoltiamo ancora una volta la Delbrel: “Si guadagno i deserti, … non li strapperemo al segreto delle nostre ore umane, se non faremo violenza alle nostre abitudini, alle nostre pigrizie. … Bisogna imparare a essere soli ogni volta che la vita ci riserva una pausa … mentre la farinata diventerà densa, mentre crepiterà il telefono occupato, mentre alla fermata, attenderemo l’autobus, mentre saliremo le scale”.
     Non pensiamo che il ritrarci nel deserto, significhi togliere spazio agli uomini. Stare con Dio, non porta mai fuori dalla realtà, anzi! Diceva Madeleine Delbrel, che “essere soli, non è oltrepassare gli uomini o lasciarli” (La gioia di credere, 95).
     Pur essendo nel deserto, Gesù viene raggiunto da una moltitudine e Lui, invece di arrabbiarsi e nascondersi, guarda questa creature con compassione. Non si tratta di un semplice sentimento, di quelli che fa versare due lacrime, ma che non porta a nulla. Egli esce dal suo isolamento e guarisce. La compassione, quando è autentica porta ad agire, anche quando i mezzi a disposizione sono limitati e inadeguati. Avere compassione, infatti, significa soffrire insieme, non “stare a guardare con tristezza la sofferenza altrui”.
     Gli apostoli, invece, dato che sono ancora molto immaturi, di fronte a tutta quella gente, si affrettano a dire: “Congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare” (Mt 14,15).
     La risposta di Gesù è immediata: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare” (14,16). Il Signore ci impegna a dare una risposta personale. Giustamente gli apostoli dicono di non avere cibo a sufficienza, ma Gesù chiede loro di mettere in comune ciò che hanno. Alla generosità compassionevole degli uomini, si aggiunge l’azione di Dio.
     Non dimentichiamo però, che non c’è solo una fame materiale, un bisogno di beni e servizi; ci sono persone assetate di vita, che investono tempo, forze e denaro in realtà inadeguate a saziarle o addirittura che moltiplicano la sete. Anche costoro, hanno bisogno di qualcuno che dal deserto, nel quale hanno incontrato Dio, doni loro un sorso di acqua fresca, che gli ripeta: “Perché spendete denaro per ciò che non … sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti” (Is 55,2s).
     La Chiesa da secoli si occupa delle pance degli uomini, li veste, gli dà un tetto, ma non basta. La Chiesa dal deserto guarda compassionevole gli uomini e deve donargli l’acqua di Cristo. Abbiamo bisogno di uomini e donne di Dio; di qualcuno che cammini sulle nostre strade, ma sappia vedere oltre ; che abbia gli occhi rivolti a Dio, per vedere meglio e curare gli uomini in profondità.
Scriveva san giovanni Crisostomo: “Tu invece hai bisogno di calma e di tranquillità, agitato come sei da tutte le parti; tu hai bisogno di un po’ di respiro tra queste onde che si accavallano le une alle altre. Va’, dunque, spesso a visitare costoro, onde purificare le tue continue macchie con le loro preghiere e le loro esortazioni. Questo sarà il modo migliore per trascorrere la vita presente”.
    

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