IV AVVENTO
Il re Davide è un uomo realizzato, consapevole
che tutto ciò che ha
ottenuto, non è stata solo opera sua, ma di Dio. Egli non ha avuto dubbi fin
dallo scontro con Golia; quando il re Saul cercò di dissuaderlo dal combattere
dicendogli: «Tu non puoi
andare contro questo Filisteo a combattere con lui: tu sei un ragazzo e costui
è uomo d’armi fin dalla sua adolescenza», Davide rispose: « Il
tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso. Codesto Filisteo … farà la stessa
fine di quelli, perché ha sfidato le schiere del Dio vivente». Davide aggiunse:
«Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso,
mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo» (1Sam 17,33ss).
Davide è un uomo riconoscente per questo in un salmo canta: «Non entrerò nella tenda in cui abito, non
mi stenderò sul letto del mio riposo, non concederò sonno ai miei occhi né
riposo alle mie palpebre, finché non avrò trovato un luogo per il Signore, una
dimora per il Potente di Giacobbe» (Salmo 132,3ss); Davide sente l’urgenza
di donare qualcosa di bello a Dio e lo mette prima di se stesso.
Il Re è preoccupato, perché gli è stata costruita un’abitazione in
legno, mentre il tempio di Dio è ancora sotto una tenda, eppure a Dio questo
non interessa: “Non mi costruirai tu la
casa per la mia dimora. Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho
fatto salire Israele fino ad oggi. Io passai da una tenda all’altra e da un
padiglione all’altro. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con
tutto Israele, ho forse mai detto ad alcuno …: Perché non mi avete edificato
una casa di cedro?” (1Cr 17,5s). Dio sa che il tempio tende a rinchiuderlo,
a limitarlo; infatti lo straordinario tempio di Gerusalemme, finì per impedire
alla stragrande maggioranza delle persone di accostarsi a Dio, rinchiuso nel
recinto sacro.
A Dio interessa vivere in mezzo al popolo, le forme interessano agli
uomini. Noi preferiamo costruire templi in pietra, ma Dio vuole templi di
carne. Gesù stesso che parla del proprio corpo definendolo “tempio”: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò
risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in
quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del
tempio del suo corpo”
(Gv 2,19ss).
Con l’annunciazione, Dio chiede anche a una donna di farsi suo tempio ed
ella accetta. Dal sì di Maria, Dio desidera i nostri corpi come sua residenza
terrena. Oggi chiede anche a noi, di incarnarsi in noi. Questo significa che a
Dio non basta una relazione mentale, desidera che la nostra carne, cioè la
parte più intima e profonda di noi e la nostra esistenza quotidiana, siano
segnate dalla Sua presenza. Come un bimbo che cresce nel ventre di una donna,
non la lascia in differente, tutto cambia in lei – non può più mangiare ciò che
le pare, non può dormire nelle posizioni abituali, deve abituarsi a vedere il
proprio corpo trasformato – così Dio vuole vivere in noi; non per darci
fastidio, ma per trasformare la nostra vita dal di dentro, affinché anche la
nostra vita esteriore possa produrre frutti evangelici. A Dio non basta essere
il Signore della domenica – quando va bene -, ma vuole essere con noi ogni
giorno dell’anno; Lui non va mai in ferie.
Quando il rapporto con Dio è così, allora inevitabilmente tutti gli
ambiti della nostra esistenza sono segnati dalla Sua presenza. In nessun caso
il credente, sente di potere dire al Signore: “Qui Tu non c’entri; qui decido
io”, ma “la tua volontà sia fatta”. Sono
queste le persone che cambiano il mondo, perché quando Dio trova la
disponibilità in un tempio così, riesce a essere presente nella storia.
Lasciamoci interpellare dall’arcangelo Gabriele e non temiamo di non
essere adeguati, perché “tutto è possibile a Dio”.
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