Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 20 dicembre 2014

Vivi in me, Signore



IV AVVENTO

     Il re Davide è un uomo realizzato, consapevole
che tutto ciò che ha ottenuto, non è stata solo opera sua, ma di Dio. Egli non ha avuto dubbi fin dallo scontro con Golia; quando il re Saul cercò di dissuaderlo dal combattere dicendogli: «Tu non puoi andare contro questo Filisteo a combattere con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d’armi fin dalla sua adolescenza», Davide rispose:  « Il tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso. Codesto Filisteo … farà la stessa fine di quelli, perché ha sfidato le schiere del Dio vivente». Davide aggiunse: «Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo» (1Sam 17,33ss).
     Davide è un uomo riconoscente per questo in un salmo canta: «Non entrerò nella tenda in cui abito, non mi stenderò sul letto del mio riposo, non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché non avrò trovato un luogo per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe» (Salmo 132,3ss); Davide sente l’urgenza di donare qualcosa di bello a Dio e lo mette prima di se stesso.
     Il Re è preoccupato, perché gli è stata costruita un’abitazione in legno, mentre il tempio di Dio è ancora sotto una tenda, eppure a Dio questo non interessa: “Non mi costruirai tu la casa per la mia dimora. Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele fino ad oggi. Io passai da una tenda all’altra e da un padiglione all’altro. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutto Israele, ho forse mai detto ad alcuno …: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?” (1Cr 17,5s). Dio sa che il tempio tende a rinchiuderlo, a limitarlo; infatti lo straordinario tempio di Gerusalemme, finì per impedire alla stragrande maggioranza delle persone di accostarsi a Dio, rinchiuso nel recinto sacro.
     A Dio interessa vivere in mezzo al popolo, le forme interessano agli uomini. Noi preferiamo costruire templi in pietra, ma Dio vuole templi di carne. Gesù stesso che parla del proprio corpo definendolo “tempio”: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo” (Gv 2,19ss).
     Con l’annunciazione, Dio chiede anche a una donna di farsi suo tempio ed ella accetta. Dal sì di Maria, Dio desidera i nostri corpi come sua residenza terrena. Oggi chiede anche a noi, di incarnarsi in noi. Questo significa che a Dio non basta una relazione mentale, desidera che la nostra carne, cioè la parte più intima e profonda di noi e la nostra esistenza quotidiana, siano segnate dalla Sua presenza. Come un bimbo che cresce nel ventre di una donna, non la lascia in differente, tutto cambia in lei – non può più mangiare ciò che le pare, non può dormire nelle posizioni abituali, deve abituarsi a vedere il proprio corpo trasformato – così Dio vuole vivere in noi; non per darci fastidio, ma per trasformare la nostra vita dal di dentro, affinché anche la nostra vita esteriore possa produrre frutti evangelici. A Dio non basta essere il Signore della domenica – quando va bene -, ma vuole essere con noi ogni giorno dell’anno; Lui non va mai in ferie.
     Quando il rapporto con Dio è così, allora inevitabilmente tutti gli ambiti della nostra esistenza sono segnati dalla Sua presenza. In nessun caso il credente, sente di potere dire al Signore: “Qui Tu non c’entri; qui decido io”, ma “la tua volontà sia fatta”. Sono queste le persone che cambiano il mondo, perché quando Dio trova la disponibilità in un tempio così, riesce a essere presente nella storia.
     Lasciamoci interpellare dall’arcangelo Gabriele e non temiamo di non essere adeguati, perché “tutto è possibile a Dio”.

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