Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

mercoledì 28 gennaio 2015

Fonte e culmine

Nella Costituzione Sacrosantum Concilium (SC) del Concilio Vaticano II troviamo queste parole preziosissime: "La liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia" (n. 10).
Questo significa che la liturgia non è un accessorio nella vita di un cattolico, quasi che, l'importante sia fare il bene. La liturgia è punto di partenza, perché attraverso di essa "la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi" (n. 7).
Abbiamo bisogno della liturgia, perché  essa "ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per farne un tempio santo nel Signore, un'abitazione di Dio nello Spirito" e "fortifica le loro energie perché possano predicare Cristo" (n. 2). La nostra vita non è finalizzata a fare il bene, ma a diventare "tempio santo nel Signore", perché "il Verbo di Dio ... vuol farsi carne in noi, impadronirsi di noi, perché con il suo cuore innestato sul nostro, con il suo spirito comunicante col nostro spirito, noi diamo un nuovo inizio alla sua vita in un altro luogo, in un altro tempo, in un'altra società umana" (M. Delbrel, La gioia di credere, Gribaudi 30). E' illusorio pensare di fare tutto questo da soli, con le nostre forze, abbiamo bisogno della Grazia e la dobbiamo attingere da qualche parte. 
"Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'Eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alal quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività delal Chiesa" (n. 10). La liturgia è come una sorgente alla quale ci si abbèvera e attraverso la quale la SS. Trinità opera la trasformazione degli uomini.
E' evidente che la liturgia, pur essendo efficace in se stessa, ha bisogno della "retta disposizione d'animo" di coloro che vi partecipano, affinché "cooperino con la grazia divina per non riceverla invano" (n. 11).
Affermava nel 1970 il beato papa paolo VI: "Dalla lex credendi passiamo alla lex orandi, e questa ci riconduce alla lux operandi et vivendi"(Discorso per la Candelora, 02 febbraio 1970). Egli si rifà a un principio essenziale, lex orandi, lex credendi, traducibile,  la legge della preghiera è la legge del credere oppure “il contenuto della preghiera è il contenuto della fede”e si riferisce alla relazione tra il culto e la fede. Regola di fede è ciò che è annunciato nelle asserzioni della liturgia.  A questo proposito scrive Prospero di Aquitania (390-430): "Noi vediamo anche nelle preghiere sacerdotali quelle cose che, tramandate dagli Apostoli, in tutto il mondo e in ogni Chiesa cattolica sono uniformemente celebrate come se la legge del credere fosse stabilita dalla legge del pregare”. 
Il Papa afferma che, quella fede creduta, è celebrata e diventa vita. 
Proprio per questo principio fondamentale il Concilio dichiara: "Assolutamente nessuno ... anche se sacerdoti, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica" (n. 22§3), il rischio infatti è di introdurre o eliminare verità di fede.
E' interessante notare che, proprio a partire dalla modifica del Rituale anglicano nell'ordinazione dei sacerdoti e vescovi, tali ordinazioni non siano considerate valide dalla Chiesa Cattolica - questo significa che per la Chiesa  i vescovi e i pastori alnglicani non sono realmente tali, quantomeno non nel senso Cattolico -. Scrive papa Leone XIII: "Presso gli inglesi infatti, dopo un certo tempo dalla separazione dal centro dell'unità cristiana, è stato introdotto pubblicamente, sotto il re Edoardo VI, un rito completamente nuovo per il conferimento degli ordini sacri. Che per questo motivo sia venuto meno il vero sacramento dell'ordine, cosi come lo ha istituito Gesù Cristo, e contemporaneamente anche la successione gerarchica, fino a questo momento la sentenza comune lo ha tenuto per fermo, e gli atti e la costante disciplina della chiesa più di una volta l'hanno confermato" (Apostolicae curae 1896).

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