Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 24 gennaio 2015

La buona notizia



III DOM. T.O.

     Pensate a una coppia di sposi
che non riesce ad avere figli e poi ha la notizia di aspettare un figlio; questa è una bella notizia, questo è un fatto che cambia la vita; una persona che ha una malattia grave e, a un tratto fa degli accertamenti e scopre che è perfettamente guarito; anche questa è una bella notizia che cambia la vita. Il figlio, la salute, sono buone notizie che possono cambiare la vita.
     Il Vangelo non è una informazione su qualche cosa, non è un insieme di norme da rispettare, ma è una parola che ci riguarda, che ci vuole coinvolgere e cambiare. Se non è una notizia di questo genere, che entra nella nostra vita e la segna, non è Vangelo. Vangelo, infatti, significa, letteralmente, buona notizia (da eu – buono e aggelion – notizia).
     Il Vangelo che ascoltiamo, non è altro che la voce di Dio che risuona ancora oggi per parlarci personalmente e trasformare le nostre esistenze.
     La prima bella notizia di oggi è che, Dio stesso, continua a camminare per le nostre strade, per raggiungerci. Continua a cercare i modi più adatti per accostarsi a noi. Non gli siamo indifferenti; non se n’è andato 2000 anni fa e, ora, aspetta la fine del mondo per incontrarci di nuovo, magari per giudicarci. Se così fosse, noi saremmo da soli e allora, altro che bella notizia; ma, così non è. Gesù ha promesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
     Oggi ci ha detto, passando per la chiesa della SS. Annunziata che “il tempo è compiuto” (1,15); oggi è il momento opportuno, l’occasione propizia. Ecco un’altra buona notizia, oggi abbiamo un’altra occasione e, ci sprona a non lasciarcela sfuggire, non è vero che tutto è perduto. Dobbiamo però cogliere l’attimo. Il popolo di Ninive, guidato dal suo Re, subito si è messo in moto, dopo l’annuncio del profeta Giona.
     Gesù ci offre la Vita e, ci dice anche come fare a trovarla: convertitevi e credete al Vangelo.
     La conversione non è lo sforzo tutto umano, volto a cambiare il modo di vivere. Gesù lo sa bene che non è nelle nostre possibilità compiere questo. E’ assolutamente vero che dobbiamo metterci in gioco, collaborare con Dio, operando con i fatti, ma è altrettanto certo che, da soli, siamo destinati al fallimento. La conversione di cui parla Gesù, in greco è definita metanoia (da meta – oltre e nous – mente) ossia, cambiamento di mentalità. Questo cambiamento può avvenire solo se il Signore riesce a toccarci anche solo un istante; se riesce a mostrarci la Sua bellezza sfolgorante; se la Sua parola riesce a penetrare nel cuore. Non ci vogliono fatti straordinari; non c’è bisogno di andare in capo al mondo. Io ricordo il primo incontro, quello che ha stravolto la mia esistenza; è stato nel luglio del 1991 tra Rimini e Assisi; dopo quello, nulla è stato più uguale a prima. La conversione stupisce innanzi tutto chi ne è oggetto, perché si trova diverso, incapace di vivere come prima. E’ come nascere una seconda volta, ma da grandi e comporta tutta la fatica di imparare a conoscersi di nuovo.
     Gesù ci dice anche: “credete al Vangelo”, che non significa solamente, aderire con la mente alle parole annunciate, ma fidarsi di Gesù. Avere fede, non è altro che questo, fidarsi di quel Dio che si è fatto bambino, ha percorso le nostre strade, si è lasciato crocifiggere e ora cammina al nostro fianco. Fidarsi è andargli dietro, cercare di vivere ciò che Lui propone, per il fatto stesso che Lui lo propone.
     Ecco infine un’ultima bella notizia, anche se passa per una profezia dolorosa: “La Chiesa avrà un’esistenza  faticosa … il suo rinnovamento le costerà una purificazione nella quale si consumeranno anche molte delle sue forze migliori. … Sarà un’evoluzione lunga e tortuosa … ma dopo la prova … da una Chiesa che ha riscoperto la sua intima essenza e si è levata di dosso le impalcature che la soffocavano, sgorgheranno sorgenti limpide e feconde. Gli uomini di un mondo in tutto e per tutto “programmato”, si ritroveranno in una indicibile solitudine. Quando Dio sarà completamente scomparso dal loro orizzonte, essi proveranno sulla loro pelle una miseria terribile e senza confini. Scopriranno allora la piccola comunità dei credenti …: come una speranza che è anche per loro, come la risposata a una domanda che li ha sempre nascostamente inquietati. Per questo sono certo che si preparano per la Chiesa tempi molto difficili. La sua crisi vera e propria è solo appena cominciata” (J. Ratzinìger, Fede e futuro, 1971). Questo è il tempo favorevole, per essere quel segno di speranza di cui gli uomini tanto hanno bisogno, ma non basta più quello che diceva san Francesco di Sales: “Così molti si coprono di alcune azioni esteriori, … e la gente crede che si tratti di persone veramente … spirituali; ma se vai a guardar bene, scopri che sono soltanto fantocci e fantasmi di devozione” (Filotea I).

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