III DOM. T.O.
Pensate a una coppia di sposi
che non riesce ad avere figli e poi ha la
notizia di aspettare un figlio; questa è una bella notizia, questo è un fatto
che cambia la vita; una persona che ha una malattia grave e, a un tratto fa
degli accertamenti e scopre che è perfettamente guarito; anche questa è una
bella notizia che cambia la vita. Il figlio, la salute, sono buone notizie che possono
cambiare la vita.
Il Vangelo non è una informazione su qualche cosa, non è un insieme di
norme da rispettare, ma è una parola che ci riguarda, che ci vuole coinvolgere
e cambiare. Se non è una notizia di questo genere, che entra nella nostra vita
e la segna, non è Vangelo. Vangelo, infatti, significa, letteralmente, buona notizia (da eu – buono e aggelion –
notizia).
Il Vangelo che ascoltiamo, non è altro che la voce di Dio che risuona
ancora oggi per parlarci personalmente e trasformare le nostre esistenze.
La prima bella notizia di oggi è
che, Dio stesso, continua a camminare per le nostre strade, per raggiungerci.
Continua a cercare i modi più adatti per accostarsi a noi. Non gli siamo
indifferenti; non se n’è andato 2000 anni fa e, ora, aspetta la fine del mondo
per incontrarci di nuovo, magari per giudicarci. Se così fosse, noi saremmo da
soli e allora, altro che bella notizia; ma, così non è. Gesù ha promesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo” (Mt 28,20).
Oggi ci ha detto, passando per la chiesa
della SS. Annunziata che “il tempo è
compiuto” (1,15); oggi è il momento opportuno, l’occasione propizia. Ecco
un’altra buona notizia, oggi abbiamo un’altra occasione e, ci sprona a non
lasciarcela sfuggire, non è vero che tutto è perduto. Dobbiamo però cogliere l’attimo.
Il popolo di Ninive, guidato dal suo Re, subito si è messo in moto, dopo l’annuncio
del profeta Giona.
Gesù ci offre la Vita e, ci dice anche come
fare a trovarla: convertitevi e credete al Vangelo.
La conversione non è lo sforzo tutto
umano, volto a cambiare il modo di vivere. Gesù lo sa bene che non è nelle
nostre possibilità compiere questo. E’ assolutamente vero che dobbiamo metterci
in gioco, collaborare con Dio, operando con i fatti, ma è altrettanto certo
che, da soli, siamo destinati al fallimento. La conversione di cui parla Gesù,
in greco è definita metanoia (da meta – oltre e nous – mente) ossia, cambiamento di mentalità. Questo cambiamento
può avvenire solo se il Signore riesce a toccarci anche solo un istante; se
riesce a mostrarci la Sua bellezza sfolgorante; se la Sua parola riesce a
penetrare nel cuore. Non ci vogliono fatti straordinari; non c’è bisogno di
andare in capo al mondo. Io ricordo il primo incontro, quello che ha stravolto
la mia esistenza; è stato nel luglio del 1991 tra Rimini e Assisi; dopo quello,
nulla è stato più uguale a prima. La conversione stupisce innanzi tutto chi ne
è oggetto, perché si trova diverso, incapace di vivere come prima. E’ come
nascere una seconda volta, ma da grandi e comporta tutta la fatica di imparare
a conoscersi di nuovo.
Gesù ci dice anche: “credete al Vangelo”, che non significa solamente, aderire con la
mente alle parole annunciate, ma fidarsi di Gesù. Avere fede, non è altro che
questo, fidarsi di quel Dio che si è fatto bambino, ha percorso le nostre
strade, si è lasciato crocifiggere e ora cammina al nostro fianco. Fidarsi è
andargli dietro, cercare di vivere ciò che Lui propone, per il fatto stesso che
Lui lo propone.
Ecco infine un’ultima bella notizia, anche
se passa per una profezia dolorosa: “La
Chiesa avrà un’esistenza faticosa … il
suo rinnovamento le costerà una purificazione nella quale si consumeranno anche
molte delle sue forze migliori. … Sarà un’evoluzione lunga e tortuosa … ma dopo
la prova … da una Chiesa che ha riscoperto la sua intima essenza e si è levata
di dosso le impalcature che la soffocavano, sgorgheranno sorgenti limpide e
feconde. Gli uomini di un mondo in tutto e per tutto “programmato”, si
ritroveranno in una indicibile solitudine. Quando Dio sarà completamente
scomparso dal loro orizzonte, essi proveranno sulla loro pelle una miseria
terribile e senza confini. Scopriranno allora la piccola comunità dei credenti
…: come una speranza che è anche per loro, come la risposata a una domanda che
li ha sempre nascostamente inquietati. Per
questo sono certo che si preparano per la Chiesa tempi molto difficili. La sua
crisi vera e propria è solo appena cominciata” (J. Ratzinìger, Fede e futuro, 1971). Questo è il tempo
favorevole, per essere quel segno di speranza di cui gli uomini tanto hanno
bisogno, ma non basta più quello che diceva san Francesco di Sales: “Così molti si coprono di alcune azioni
esteriori, … e la gente crede che si tratti di persone veramente … spirituali;
ma se vai a guardar bene, scopri che sono soltanto fantocci e fantasmi di
devozione” (Filotea I).
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