III DOM. QUARESIMA
“Portate via di qui queste cose e
non fate della casa del Padre mio un mercato” (v 2,16). Noi che siamo
abituati a un Gesù misericordioso, compassionevole,
disponibile, restiamo un po’
stupiti da questo comportamento al limite del violento: usa una frusta, scaccia
dal tempio, butta in terra il denaro, rovescia i tavoli. Perché questi gesti,
che certamente avranno mortificato e fatto arrabbiare chi era al tempio?
Proviamo a immaginarci uno che, arrivando a Medjougorie o a Lourdes, comincia a
devastare i negozi di souvenir religiosi. Penso che in molti resteremmo a bocca
aperta.
Gesù non tollera che si usi Dio per i propri interessi. Gesù ama i
peccatori, ma non scende mai a patti con il peccato. Il male per Lui è solo da
debellare.
Dobbiamo leggere questo Vangelo solo come rifiuto del mercato di
paccottiglia religiosa che fiorisce in torno ai grandi santuari? Dobbiamo
estenderlo alle vicende economiche non troppo trasparenti che, ogni tanto
emergono e che coinvolgono la Santa Sede con lo IOR, alcune Diocesi e
addirittura i Francescani?
Certamente. Non basta però; il Vangelo è sempre parola che parla prima
di tutto a ciascuno personalmente.
Gesù parla di un tempio da distruggere e che Lui farà risorgere; chi l’ascolta
pensa parli del Tempio di Gerusalemme, ma Egli parla di sé, del proprio corpo.
C’è allora un tempio di carne di cui avere cura: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi
… santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3,16s).
Ecco allora che se noi siamo dimora di Dio, non può starci di tutto in
questa casa.
Ci lasciamo accompagnare dal Decalogo (dieci parole), per comprendere un
po’ meglio che cosa Gesù rovescerebbe in noi:
-
Non avrai altri
dèi di fronte a me (Es
20,3): quali sono questi possibili dèi moderni, visto che non siamo più pagani
politeisti?
Ricordiamo quando Gesù ha detto: “Non
si può servire Dio e il denaro”. Questo è la divinità che condiziona la
vita di molti. San Francesco lo chiamava “sterco del diavolo”, ma qa quanto
pare, tanti non hanno paura di sporcarsi le mani nell’usarlo.
«Può forse un cieco guidare un altro
cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?” (Lc 6,39): può accadere che
affidiamo le nostre scelte, non alla volontà di Dio, ma di altre guide
alternative (della politica, della filosofia, dello spettacolo, dei mezzi di
comunicazione di massa; dei portavoce del comune modo di pensare).
Basta togliere la consonante “D” e ci troviamo un’altra divinità: IO. L’autonomia,
l’essere leggi a se stessi, può sfociare rapidamente in una venerazione di sé,
che impedisce di entrare in relazione con gli altri. Questi sono gli
egocentrici, che devono sempre stare al centro dell’attenzione di tutti.
-
“Non pronuncerai
invano il nome di Dio” (Es 20,7): ciò avviene quando, invece, di chiederci
cosa voglia il Signore da noi, pieghiamo la sua volontà ai nostri desideri.
Vogliamo realizzare ciò che pensiamo giusto e usiamo il nome di Dio per
confermarlo. In passato sono state fatte le guerre nel nome di Dio, oggi
abusiamo della sua misericordia, autoconvincendoci che tutto ciò che facciamo
gli va bene.
-
“Ricordati del
giorno di sabato per santificarlo” (Es 20,8): se non abbiamo mai tempo per
Dio; quando gli riserviamo solamente gli avanzi di noi stessi.
-
“Non ucciderai;
non commetterai adulterio; non ruberai; non pronuncerai falsa testimonianza;
non desidererai la casa e la moglie del tuo prossimo” (20,12ss): Gesù
non vuole che le nostre relazioni siamo egocentriche, violente, fondate sull’indifferenza.
Egli non vuole che diventi vero il motto latino homo homini lupus
(lat. «l’uomo è lupo per l’uomo».
Aiutaci Signore a prendere coscienza di quanto è profondamente innestato
in noi e non ti è gradito. Vieni a liberarci.
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