Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 18 aprile 2015

Posso essere nuovo



III DOM. DI PASQUA

     “Saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47). Questo è ciò che fanno Pietro e Giovanni al tempio di Gerusalemme: dire a tutti che è possibile essere perdonati.

     La guarigione del paralitico, alla quale tutti danno tanta importanza, sembra essere secondaria per i due apostoli. Sono stupiti di tutta quell’attenzione rivolta a loro e la rifiutano, perché sanno molto bene, di essere solamente strumenti; Gesù è l‘autore di quella guarigione. Essi non vogliono  che a causa loro il Signore finisca in secondo piano. In quel momento, forse hanno capito, che il Signore spesso guariva di nascosto e cercava di impedire la diffusione del fatto, per evitare che, cercassero da Lui solo lo straordinario, i miracoli, le guarigioni immediate ecc …
     Quel che preme a Pietro invece, è richiamare alla conversione: “Convertitevi e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati” (At 3,19). Prima ricorda loro cosa hanno fatto: “avete consegnato e rinnegato (Gesù) di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita” (At 3, 13ss); poi li giustifica: “So che avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi” (3,17), ma infine, li invita a prendere coscienza e a cambiare.
     Tutti hanno contribuito attivamente e con convinzione a uccidere Gesù? Chiaramente no. Molti semplicemente si sono uniti alla massa, convinti che ciò che pensa la maggioranza è vero, nonché giusto – tanti gridavano: “Crocifiggilo” e allora si sono uniti -; altri hanno preferito farsi i fatti loro e non rischiare, dimenticando che, non impedire il male, è già farlo; altri ancora sapevano che, stare con la maggioranza conviene. E’ per questo che il diavolo ama agire attraverso i pochi, lasciati fare dalla maggioranza.
      Niente di nuovo sotto il sole, del resto, Gesù è stato ucciso a causa di un referendum: “”Volete che vi lasci libero Gesù o Barabba?”.
     Quel che è importante, però, è l’invito alla conversione. Questa è una parola straordinaria, di cui non riusciamo percepire fino in fondo la forza dirompente. Ci limitiamo a immaginare la conversione, come a uno sforzo, spesso  fallimentare, per diventare migliori, invece, è innanzitutto una grazia. Ebbene sì, innanzitutto, Dio ci dice che non ci condanna a rimanere legati al nostro passato. Spesso condanniamo e ci autocondanniamo a una pena eterna, per quanto detto o fatto di male: Dio non agisce così. Il Signore chiama male il nostro male e ce lo indica con precisione, non per farci soffrire inutilmente o per umiliarci, ma per guarirci, dopo di che, ci fa nuovi: “Cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati”.  Questo è il senso più profondo della conversione. Dio non ci dice : “Tu non cambierai mai”, ma al contrario: “Tu puoi  essere migliore, perché non sei malvagio, anche se hai fatto cose cattive”.
     La grazia della conversione dice, che Dio guarda quel che siamo oggi, non quel che eravamo ieri; ascolta ciò che diciamo oggi, non ciò che abbiamo detto ieri. Scrive san Giovanni Crisostomo: “Hai peccato? Va’ in chiesa e lavati dai tuoi peccati. Ogni volta che ti succede di cadere, rialzati di nuovo; ogni volta che tu pecchi, pentiti dei tuoi peccati. Non disperare. Anche se tu pecchi una seconda volta, pentiti una seconda volta. Non perdere la speranza nei beni  che sono preparati per te. Perché la Chiesa è l’ospedale della guarigione, non un tribunale; non un luogo dove i peccatori espiano la pena, ma dove il perdono è donata all’essere umano” (Omelia sulla penitenza).
     Dobbiamo avere l’umiltà del pubblicano al tempio, il quale, mentre il fariseo, stando in prima fila si vanta con Dio della propria bontà e bravura, riconosce di essere una creatura povera e peccatrice; egli se ne sta in fondo, consapevole di non essere degno. Dio guarda il cuore e vede una creatura nuova, desiderosa di una vita nuova: gliela concede.

    

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