XVII DOM. T.O.
“Congedali affinché vadano … e si
comprino qualcosa” (Mc 6,36); queste sono le parole dei discepoli davanti a
alla folla in ascolto del Signore. “Date
voi loro da mangiare!” (6,37), è la risposta di Gesù.
Essi sentono che è impossibile soccorrere quella gente: sono troppi;
non
potendoli sfamare tutti, preferiscono non sfamarne nessuno.
E’ una reazione che non ci stupisce, forse anche noi faremmo così; per
questo non ci scandalizziamo. Non possiamo però non riconoscere, che questo
atteggiamento nasce dalla mancanza di una profonda compassione; quando la
compassione prende sul serio, non lascia mai indifferenti, non blocca l’azione,
ma la provoca, anche se poi essa è inadeguata e insufficiente.
I santi della carità, di cui è così ricco il giardino di Dio, non si
sono mai lasciati spaventare dalla sfida della miseria altrui. Al contrario
sono stati talmente provocati dalla sofferenza incontrata, da non poter più far
finta di niente.
Ci lasciamo guidare da alcuni di loro:
-
San Giuseppe
Benedetto Cottolengo:
la sua intuizione ebbe origine il 2 settembre 1827 quando a Torino venne chiamato al
capezzale di una donna francese al sesto mese di gravidanza, affetta da tubercolosi e morente. Ella
era stata portata dal marito in più ospedali della capitale del Regno di Sardegna, ma in nessuno
venne accettata per il ricovero perché le inevitabili perdite di sangue avrebbero
potuto innescare un'epidemia tra le altre madri e i neonati. Di fronte alla
tremenda agonia della giovane, lasciata morire in una misera stalla circondata
dal dolore dei suoi figli piangenti, il Cottolengo sentì l'urgenza interiore di
creare un ricovero dove potessero essere accolti e soddisfatti i bisogni
assistenziali che non trovavano risposta altrove;
-
San Giovanni
Bosco:
decise di scendere per le strade della sua città e osservare in quale stato di
degrado fossero i giovani del tempo. Incontrò così i ragazzi che, sulla piazza
di Porta Palazzo, cercavano in
tutte le maniere di procurarsi un lavoro. In piazza San Carlo, Don Bosco
poteva conversare con i piccoli spazzacamini, di circa sette o otto anni, che
gli raccontavano il loro mestiere e i problemi da esso generati. Erano molto
rispettosi nei confronti del sacerdote che li difendeva molto spesso contro i
soprusi dei lavoratori più grandi che tentavano di derubarli del misero
stipendio. Insieme a Don Cafasso cominciò a visitare anche le carceri e
inorridì di fronte al degrado nel quale vivevano giovani dai 12 ai 18 anni.
Dopo diversi giorni di antagonismo, i carcerati decisero di avvicinarsi al
sacerdote, raccontandogli le loro vite e i loro tormenti. Don Bosco sapeva che
quei ragazzi sarebbero andati alla rovina senza una guida e quindi si fece
promettere che, non appena essi fossero usciti di galera, lo avrebbero
raggiunto alla chiesa di San Francesco.
-
Padre Lino
Maupas:
Parma ancora ricorda quel frate brutto, ma col cuore grande che, dinanzi alla
miseria della sua gente, ha inventato ogni tipo di espediente per poterla
soccorrere. La cittàparla ancora di lui, di quell’uomo morto sfiancato dalla
fatica per tutto quanto aveva voluto fare per i suoi amici poveri;
-
Teresa di
Calcutta:
era insegnante in una prestigiosa scuola tenuta dalla Suore di Loreto, in
India, eppure la miseria drammatica che incontrava fuori dalle mura del suo
convento, l’ha provocata in tal modo da farle decidere di lasciare tutto per
andare a portare un po’ di luce, in quel mare di miseria.
Oggi Gesù ci offre una ricetta sicura per combattere la sofferenza:
innanzitutto una buona dose di compassione che nasce e cresce solo dove ci sono
occhi capaci di guardare e che non sono ripiegati sul proprio ombelico. Guardare
però non basta, bisogna imparare a condividere la condizione di chi fatica,
finché si sta bene non si riesce a percepire fino in fondo la sofferenza
altrui. Chi vive sempre al caldo non capisce cosa significa avere freddo; chi
non patisce la fame, non sa cosa significhi andare a domandare il cibo; chi ha
casa – magari più di una -, non riesce a percepire la mancanza della sicurezza
di un’abitazione, ecc …. Dice bene il salmista: “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono”.
Forse è per questo che le società del benessere, sono anche spesso quelle dove
manca la compassione. Stare con coloro che soffrono, ha la capacità di aprirci
gli occhi e, quindi, il cuore.
Alla compassione si deve aggiungere la disponibilità a condividere ciò
che si ha, anche quando sembra troppo poco per essere utile. Gesù riesce a
moltiplicare il cibo, perché gli vengono messi a disposizione pochi pani e
pochi pesci.
Signore, quando
ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo,
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante,
fammi condividere la croce di un altro;
quando non ho tempo,
dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare;
quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando ho bisogno della comprensione degli altri,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia;
quando ho bisogno che ci si occupi di me,
mandami qualcuno di cui occuparmi;
quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona.
Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli
Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati.
Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano,
e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante,
fammi condividere la croce di un altro;
quando non ho tempo,
dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare;
quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando ho bisogno della comprensione degli altri,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia;
quando ho bisogno che ci si occupi di me,
mandami qualcuno di cui occuparmi;
quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona.
Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli
Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati.
Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano,
e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
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