Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 14 febbraio 2016

Non lasciare che vinca



I DOM. QUARESIMA

        A qualcuno  può sembrare strano che Gesù sia stato tentato; in realtà sarebbe strano il contrario.
Infatti Gesù Cristo è vero Dio, ma è anche vero uomo, in tutto e per tutto, eccetto il peccato, per cui la tentazione ha inevitabilmente accompagnato tutta la sua esistenza, come la nostra. Non ci deve stupire questo. La tentazione non è peccato; è invito, spinta, accompagnamento a esso, ma non è peccato. Senza il nostro assenso, essa non è che un lazzo lanciato, ma che manca il bersaglio.
     Quale tentazione ha subito Gesù?
     Quella di essere un Messia non secondo il progetto di Dio, ma secondo la logica degli uomini: potente, dominatore, con capacità prodigiose; che usa per se stesso la dignità di Figlio di Dio, invece che per il servizio degli uomini.
    Qui è solo iniziata l’opera del maligno, ma è stata ininterrotta sino all’ultimo respiro di Gesù. Come Dio ci accompagna fino all’ultimo istante per trovare un varco nel nostro cuore, così anche il maligno ci perseguita nella speranza di accalappiarci e dannarci.
     Ricordiamo quando Pietro sgridò Gesù, dopo  averlo sentito parlare di morte e persecuzione? Gesù dovette rispondergli: “Va’ dietro a me, Satana, perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Che dire poi, quando proprio nel momento della sofferenza più estrema, coloro che stavano sotto la croce gli gridarono: “Se sei il Re dei Giudei,salva te stesso” (Lc 23,37) o chi gli stava crocifisso al fianco: “Salva te stesso e noi” (23,39). Sembrano dirGli: Perché vuoi  soffrire quando puoi usare tutto il Tuo potere e convincere tutti con un miracolo strepitoso? Pensa che le folle Ti seguirebbero senza problemi. Ecco la voce insistente della tentazione a scegliere la via più comoda e breve. Invece Gesù ha detto: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà” e non poteva Lui per primo rinnegare questa grande verità.
     “Figlio, se ti presenti per servire il Signore,  prepàrati alla tentazione. … non ti smarrire nel tempo della prova” (Sir 2); quando qualcuno vuole stare dalla parte di Dio, inevitabilmente troverà qualcosa o qualcuno che cercherà di distoglierlo da questo percorso.
     Gesù sta “iniziando” la Sua lotta per liberare gli uomini e, prima di giungere alle maniere forti, il maligno prova a usare la subdola azione tentatrice; prima di farlo torturare e inchiodare alla croce, prova a spingerlo verso una strada più semplice per Lui, allettante, ma che lascerebbe gli uomini prigionieri: “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27).
    Spesso nell’arte il diavolo è rappresentato non in forme orrende, bensì sotto le mentite spoglie di un  monaco o di vecchio saggio, di colui che sembra offrire qualcosa di positivo – non per niente qui usa la stessa Parola di Dio, anche se per piegarla al proprio fine -. E’ un modo per non mettere in allarme e fare sfuggire la vittima.
     Anche con me e te usa lo stesso sistema. Inoltre si avvicina quando siamo fragili a causa della stanchezza, della delusione, del disorientamento; cerca un varco per potersi infiltrare, così come un virus e danneggiare tutto l’organismo. Il maligno è fuori di noi - solo la SS. Trinità abita il nostro cuore -, per questo cerca subdolamente di entrare.
     Gesù non si lascia ingannare, perché ha davvero un rapporto con Dio, oltre che essere Dio stesso, che gli consente di discernere. Cos’è il discernimento? Scrive sant’Antonio Abate: “è senza alcun dubbio la più grande virtù; è la capacità di distinguere tra il vero e il falso, il bene e il male …”.  Per il vero discernimento non basta una auto-riflessione, l’ascolto della propria coscienza, come se essa fosse un oracolo. La coscienza infatti può essere l’interiorizzazione della volontà e delle convinzioni di altri che, hanno impresso in noi la loro volontà, a tal punto che essa non ci parla più esteriormente, ma dal più intimo di noi stessi. In una situazione come questa, la coscienza non sarebbe affatto una sorgente di vero discernimento, ma soltanto il riflesso della volontà di un altro, una guida estranea in noi stessi.  
     Gesù ci insegna a formare la nostra coscienza, a purificarla in modo tale che possa diventare davvero un canale privilegiato di comunicazione con il Signore. La coscienza richiede formazione ed educazione. Può diventare rachitica; può essere distrutta; può essere deformata a tal punto da riuscire a esprimersi solo a stento o in maniera distorta. Il silenzio della coscienza può diventare una malattia mortale per una intera civiltà.

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