Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

venerdì 29 aprile 2016

Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo



VI DOM. PASQUA

     Signore, dove vai?” (Gv 13,36), è la domanda di Simon Pietro a Gesù durante l’ultima cena, dopo che il Signore ha detto: “Dove vado io, non potete venire” (113,33).
     Per chi ha solo sentito parlare di Gesù il problema non si pone granché,
ma chi ha fatto esperienza della Sua tenerezza, della Sua misericordia e della forza travolgente della Sua Parola, non può accettare l’idea di stare a lungo senza di Lui. Come scrive il profeta Geremia: “Mi hai sedotto Signore e io mi sono lasciato sedurre” (Ger 20,7).
     Chi ama non riesce a tollerare l’assenza; per questo chi  ama, cerca. Nello stesso tempo chi ama davvero, è anche disposto a lasciare andare l’amato purché percorra la strada del bene. Per questo Gesù dice: “Se mi amaste vi rallegrereste che io vado al Padre”. Egli sa che, in realtà stanno egoisticamente pensando a se stessi e non al bene di Gesù. Non pensano che tornare al Padre è quanto di più straordinario ci possa essere.
     Ricordo quando dissi a mia mamma che sarei entrato in convento. Io ero preoccupato per lei, perché sarebbe rimasta da sola; lei invece mi disse: “E’ la tua vita, devi fare ciò che senti giusto. Se vorrai tornare, la porta sarà aperta”. Eppure non fu facile per lei. L’amore lascia liberi.
     Tornando alla domanda di Simon Pietro, Gesù dà una risposta che sembra non rispondere; non dice dove andrà, ma chiarisce che pur andandosene, rimarrà. Del resto scrive il salmista: “Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora  per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra” (Salmo 139, 8ss).
     Laddove è amato, là Gesù con il Padre e lo Spirito Santo, abiterà. L’amore è una porta aperta, il segno vero del desiderio della Sua presenza: “Oh Dio Tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco; di Te ha sete l’anima mia” (Salmo 63,2). Con Dio non possiamo mentire; Egli sa se è atteso o se è solo sulla nostra bocca: “Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità … Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità(1Gv 1,6; 2,3s). La passione per il Vangelo e il tentativo di farne la scelta di vita, nonostante la fragilità, il peccato, le cadute, le lentezze, è la porta che consente  alla Trinità di varcare la soglia della nostra casa. Con il Battesimo noi diventiamo già tempio della Trinità, ma con la scelta del Vangelo è come se Le concedessimo di vivere e agire in noi.
     C’è un piccolo inconveniente: dove giunge la Trinità, porta con sé anche i Suoi figli. Per questo l’apostolo Giovanni dice con chiarezza: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). Per noi cristiani è chiaro che non può esserci posto per Dio, se non c’è posto per gli uomini. Chi è abitato da Dio, inevitabilmente si sente chiamato ad allargare lo spazio della propria tenda. Questo non significa che avrà la risposta a ogni problema; che non sentirà il peso delle relazioni; che non desidererà ogni tanto ritirarsi dove nessuno può raggiungerlo, solamente non potrà più vivere senza condividere la vita degli altri, soprattutto quelli in difficoltà.
     Dove la Trinità trova questo amore, seppur affaticato e incompleto, andrà ad abitare, generando ulteriore amore.
     I Santi sono la prova più evidente di questa straordinaria coabitazione in loro di Dio e dei fratelli.
     Signore, donaci occhi capace di riconoscere le necessità e le sofferenze dei fratelli. Ogni volta che apriamo la porta a uno di loro, entra anche Tu insieme. Non permetterci di essere indifferenti, anche quando preferiremmo girarci dall’altra parte.

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