IMMACOLATA CONCEZIONE
“Hai
forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?” (Gen 3,11). Ecco cosa c’è fin dall’inizio:
una disobbedienza frutto di sfiducia. E’
evidente che, per Adamo e la donna e ciò che rappresentano, Dio non è sufficientemente
credibile; la donna si fida di più del serpente e Adamo si fida di più della
donna. Dio ha detto di non mangiare dell’albero, perché ciò porta alla morte,
ma il serpente ha detto: “ Non morirete
affatto!” (Gen 3,4) e i due hanno scelto. Non sono cattivi: sono sciocchi.
Nulla è cambiato, infatti Genesi, racconta la storia di sempre.
Consentitemi di fare un esempio un po’ azzardato: quando acquistiamo un nuovo
elettrodomestico, vi troviamo allegate le istruzioni per farlo funzionare, ma
se ci fidiamo più delle nostre conoscenze o del nostro intuito e non le
leggiamo, rischiamo di danneggiarlo. Così ha fatto la prima comunità umana,
così facciamo noi. Non ci fidiamo del Creatore, anche se a parole diciamo il
contrario; facciamo di testa nostra, perché, in fondo, pensiamo di saperne di
più. I risultati però sono sotto gli occhi di tutti, perché, non illudiamoci,
dalle scelte e decisioni, discendono sempre delle conseguenze. Dio non ci
caccia, siamo noi che scegliamo di non stare con Lui. Dio è il Padre che
attende sulla porta il ritorno del figlio prodigo.
Quando leggiamo Genesi, ci sembra che a ogni passo Dio si penta di avere
creato l’uomo: basta guardare la vicenda del Diluvio, ma se non ci lasciamo
guidare dalle precomprensioni e facciamo attenzione, ci accorgiamo che la
realtà è completamente diversa. Dio non vuole distruggere, Dio vuole risanare.
Anche dopo l’incontro con Adamo e la donna, è vero che Dio li ha cacciati da
Eden, ma non li ha abbandonati a se stessi (li ha rivestiti con delle tuniche)
e soprattutto gli ha dato la possibilità di generare i figli. Infatti la donna
che, fino a quel momento non ha nome, diventa Eva (dall’ebraico HAWWA’H, “essere vivente” , “colei che dà la vita”, “madre
dei viventi”). Dio non vuole la nostra fine, ma vuole che raggiungiamo il
nostro fine.
Il Cristo, Dio che si è fatto carne, è Colui che rende possibile tutto
questo; Maria è la prima collaboratrice del progetto di Dio. Attraverso i suoi
Sì, a partire dal primo all’arcangelo, Dio ha potuto sanare la ferita provocata
nella natura umana. Maria è Immacolata, perché ha ricevuto fin dalla nascita,
ciò che noi otteniamo col Battesimo. Non dobbiamo sentire gelosia per questo; a
Lei è stato chiesto molto e poi il Suo ruolo è unico e speciale. Tra l’altro
Maria anticipa il destino di tutti noi.
Il fatto che sia Immacolata, non significa che i suoi Sì fossero
automatici e senza fatica; Maria è la donna del Sì, non perché costretta dalla
Sua natura, ma perché si fidava di Dio. Chissà quanta fatica e quanto dolore
nell’accompagnare quel Suo Figlio? Eppure non si è tirata indietro, perché ha
compreso che solo in Dio c’è salvezza.
L’Immacolata ci chiama a non ascoltare le voci contrarie a quella di
Dio. Quando sentiamo che qualcuno, astutamente, nega la parola del Signore, Lei
ci dice: “Ricordati di Adamo e della sua donna. Impara dai loro errori. Fidati
del tuo Creatore, l’unico che ti ha a cuore e che ti indica la via del tuo
bene. Lo so che tutto sembra più difficile, ma non ci sono alternative”.
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