Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

giovedì 26 gennaio 2017

Evviva la Gi.fra


III DOM. T.O



     I giovani della Gioventù Francescana stanno per emettere la loro promessa davanti a Dio e a tutti noi; tra breve diranno: “O Padre nostro amoroso, … promettiamo di vivere la nostra giovinezza immersa nel Cristo Tuo Figlio, sull'esempio del mite poverello di Assisi”.


     Il Vangelo di oggi sembra scelto apposta; il Signore ha voluto dire qualcosa a voi fratelli carissimi e a tutti noi, attraverso di voi. “Venite dietro a me” (Mt 4,19), sono le Sue parole che, sono la sintesi di tutta la vita cristiana.

     Quando qualcuno ci chiede: “Chi sei tu cristiano?”, noi possiamo rispondere: io sono uno che vuole stare  con Cristo che, cerca di andare dietro a Lui, per essere trasformato in Lui dalla potenza dello Spirito Santo.

     Essere trasformato in Lui? Non è un’esagerazione, qualcosa di impossibile, oltreché ingiusto (io voglio rimanere me stesso)?

     Impossibile alle nostre forze, certamente, ma non impossibile a Dio.

     Trasformare, deriva da trans-  al di là e formare­- dare forma e significa mutare forma a qualcosa o a qualcuno; vuol dire che, pur partendo da una materia, avviene un cambiamento in seguito a qualche fatto.

     Quando voglio produrre del pane, devo prendere il frumento, macinarlo per trasformarlo in farina; impastarla con acqua e lievito e quindi, cuocerlo. La trasformazione è un processo che, comporta dei passi da percorrere.

     Gesù ci ha appena detto: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mt 4,17), l’espressione greca è  metanoeite ossia, lasciate che cambi  la vostra mente.

     Ecco che, subito, Gesù si mette a chiamare alcuni pescatori che, lasciano le loro barche e le loro famiglie. E’ un primo passo: “Cristo chiama e, senza ulteriore intervento, chi è chiamato obbedisce prontamente. Il discepolo non risponde confessando a parole la sua fede in Gesù, ma con un atto di obbedienza (Bonhoeffer,  Sequela, 12).

     La nostra trasformazione può avvenire se cominciamo a seguire Gesù e a stare con Lui. Quando si parte, probabilmente c’è solo l’entusiasmo che ci accompagna, molto è ancora da capire ma, “chi ben comincia è a metà dell’opera”.

    Andare dietro a Gesù, comporta la necessità di fare delle scelte: smettere di vagare disordinatamente, senza una meta; smettere di seguire altri che non siano Cristo.

    Chi sono questi altri? Noi stessi.

    Questa è l’autonomia; quella malattia dell’anima che ci rende come delle isole senza attracco, dove siamo padroni e signori di noi stessi; dove i nostri desideri e la nostra volontà sono legge.

     E’ evidente che, in questo caso, anche Dio non può accedere allo spazio del cuore: rimane chiuso fuori. Siamo spiritualmente autonomi, anche se non manchiamo a una S. Messa e meditiamo la Parola di Dio, ma Dio non ha possibilità di incidere sulla carne delle nostre scelte.

     L’altra malattia dell’anima è la eteronomia, dove a determinarci è qualcosa al di fuori di noi stessi: mode, pensiero comune, le attese altrui, ideologie.

     Se l’autonomo dice: “Io la penso così e quindi agisco di conseguenza”, costui pensa e, di conseguenza, agisce, come gli chiede il suo riferimento esterno, anche se ciò è incompatibile con il Vangelo.

     Mentre l’autonomo pensa di trovare in sé la via giusta e chi è eterodiretto, la trova fuori di sé, noi sappiamo di trovare in Dio la via della libertà: Lui è la via, la  verità e la vita.

     Questi giovani hanno accettato di seguire l’esempio di Francesco di Assisi. I santi sono stati, non solo persone buone, ma soprattutto persone libere. Hanno saputo andare oltre tutti i limiti e condizionamenti culturali, anche della Chiesa, perché erano direttamente legati a Dio, in un rapporto intenso e continuo e, per questo, sono ancora capaci di indirizzare i nostri passi.


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