V DOM. QUAR.
“Gesù amava Marta e sua sorella e
Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase due giorni nel luogo dove si
trovava” (Gv 11,5s). Ci saremmo aspettati una corsa a perdifiato per
arrivare in tempo e guarire l’amico tanto amato o, perlomeno, un intervento a
distanza, invece Gesù volutamente ha ritardato la Sua venuta. Eppure, come dice
con chiarezza Marta: «Signore, se tu
fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (11,21). Non contento, il
Signore, ha anche detto: “Lazzaro è morto
e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate”
(11,14s).
Gesù non è un venditore di illusioni: la morte fa parte della vita. Proprio
domenica scorsa dicevamo che, quando ci lasciamo toccare e rinnovare lo
sguardo, vediamo chiaramente ciò che è invisibile. Ecco che oggi il Signore ci
spinge a guardare oltre la porta della morte. Egli ci sta dicendo che di là non
c’è un salto nel nulla; non un grande inceneritore che fa scomparire tutto; non
c’è un buco nero. Oltre quella porta c’è la vita.
Non ci chiede di amare la morte,
di prenderla sottogamba, come fosse un passaggio da nulla - Lui stesso non si è
vergognato di scoppiare in lacrime per questo Suo amico -; il Signore ci chiede
di non fermarci all’apparenza, ma di guardare in profondità. Egli ci dice una
parola chiara: «Io sono la risurrezione e
la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno” (11,25s).
“Se non vi è risurrezione dei
morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la
nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. … Se noi abbiamo avuto
speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti
gli uomini” (1Cor 15,13;19).
E’ solo per questo che ha tardato tanto ad arrivare, lasciando che
passassero quattro giorni - secondo la
tradizione rabbinica, l’anima rimane presso il corpo per tre giorni -. Gesù
vuole escludere ogni possibile risveglio “naturale”, deve essere chiaro che è
grazie a Lui che Lazzaro è tornato sano e salvo alle sue sorelle.
Ascoltiamo anche le bellissime parole di Dio: “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe”
(Ez 37,12). Molti hanno paura della morte, ma non si preoccupano di arrivarci
vivi. Ebbene sì, è possibile trascorrere l’esistenza chiusi dentro un sepolcro
che, impedisce di vivere in pienezza.
L’immagine del sepolcro è simbolo di una vita:
- bloccata dal peccato e che puzza di
morte. Per quanto ci vogliano convincere che il peccato non esiste che, tutto è
riducibile a meccanismi psicologici, in realtà noi sappiamo bene che il peccato
esiste. Nella Bibbia il termine usato è amartya ,“fallire il bersaglio”, come
chi scocca la freccia sbagliando clamorosamente il centro. Il male, non è solamente trasgredire a un ordine, ma
agire allontanandosi dal proprio bene. Per questo Dio e la Sua Chiesa mai
potranno rinunciare a richiamare gli uomini;
- trascorsa
vagando al buio, a caso, senza seguire Cristo luce del mondo; senza chiederGli
mai quale progetto ha; quale vocazione ha pensato. Prima abbiamo fissato lo
sguardo su una freccia, ora guardiamo al girasole che, passa la sua esistenza a
orientarsi seguendo il sole;
- appesantita
dal rancore, se non dall’odio che, condiziona talmente da impedire una vita
vera;
- ostacolata
dalle paure che, fanno preferire di rimanere dentro un triste sepolcro,
piuttosto che uscire e correre dei rischi, percorrendo le strade fantasiose di
Dio.
Gesù non è la soluzione magica alle
fatiche e ai problemi della vita, ma Colui che può offrire il cammino da percorrere
per trovare la vita: “io sono venuto
perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Signore, invita anche noi a uscire dai nostri sepolcri. Mandaci pastori
e “angeli” che, Ti prestino la voce; non lasciare che rimaniamo inerti,
bloccati dalle bende, immersi nel buio di una vita senza vita.
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