Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 22 luglio 2017

Il vostro nemico il diavolo ...



XVI DOM. T.O.

     L’attuale Superiore generale dei Gesuiti (Padre Sosa) ha definito  il diavolo come “figura simbolica per esprimere il male”, creata da noi (Intervista a El Mundo del 31 maggio 2017).
Al di là di ciò che intendesse realmente dire, queste parole fanno pensare che il diavolo non esista, ma sia solo il frutto della fantasia umana, un espediente verbale per indicare il male.
     Ascoltiamo cosa dice a questo proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC):
     Papa Paolo VI ha detto, parlando del maligno: «È il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. … questo Essere oscuro … esiste davvero, e … con … astuzia agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana. … Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Una terribile realtà misteriosa e paurosa» (Udienza 15 novembre 1972). Papa Francesco si sofferma spesso a sottolineare la realtà del maligno: “Con la sua morte e resurrezione Gesù ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. L’origine dell’odio è questa: siamo salvati e quel principe del mondo, che non vuole che siamo salvati, ci odia e fa nascere la persecuzione che dai primi tempi di Gesù continua fino a oggi" (Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, Omelia, Sabato, 22 aprile 2017).
     Perché tirarla così lunga diavolo?
      Perché, come  non ha esitato a dichiarare Baudelaire: «la più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste»; una convinzione ripresa da Papini che al Diavolo aveva dedicato un intero volume nel 1953: «L’ultima astuzia del diavolo fu quella di spargere la voce della sua morte».
     Oggi Gesù, per l’ennesima volta ci ricorda che siamo in guerra, perché abbiamo un nemico implacabile che, vuole la nostra rovina.
    E’ un nemico molto intelligente che agisce con astuzia: “Quando … il diavolo vede che uno non vuol peccare, non è mica tanto ingenuo … da suggerirgli subito così direttamente un peccato evidente. Non gli dice: “Vattene a fornicare”, oppure: “Vattene a rubare”, perché sa che queste cose non vogliamo farle e non si azzarda a dirci quel che non vogliamo; ma trova, … pretesti ragionevoli” (Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali, Città Nuova 106).
     Egli camuffa il male con il bene, ne sanno qualcosa gli abitanti di Troia, sconfitti proprio grazie a quell’enorme cavallo, che nascondeva al suo interno i soldati nemici[1] - “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is 5,20) – e, si avvicina a noi quando siamo più fragili e vulnerabili. Nessun nemico attaccherebbe una città nel punto più solido e quando le sentinelle sono sveglie; se è un buon stratega, aspetta il momento della veglia e sceglie il punto più fragile nelle mura difensive. San Pietro ci indica la via per non rimanere troppo condizionati dalla zizzania: “Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. 9Resistetegli saldi nella fede” (1Pt 5,8s).
     Detto questo, è altrettanto chiaro che Dio sta dalla nostra parte. Egli sa che, a causa della nostra volontà debole e condizionata, facilmente lasciamo germogliare in noi dei semi non buoni. I mezzi di comunicazione e il pensiero comune, uniti alla poca vigilanza, ci sottopongono continuamente a una semina pericolosa, ma Egli non vuole rischiare di buttare via “il bambino con l’acqua sporca”. Sarebbe facile dividere il mondo in due, tra buoni e cattivi, ma sappiamo bene che La frontiera che separa il buono dal cattivo, passa in realtà in ciascuno di noi. Il Signore aspetta e fa di tutto per far prevalere la natura sana e buona che, con il Battesimo ci ha regalata. Egli vuole che il seme messo in noi, trovi le condizioni per germogliare e crescere.





[1] “Proprio così poi doveva andare: infatti, era destino che essi perissero, appena la città avesse accolto il grande cavallo di legno, dove sedevano tutti i più forti degli Argivi, portando strage e rovina ai Troiani.
E cantava come distrussero la città i figli degli Achei, calati giù dal cavallo, dopo aver lasciato la concava insidia” .(Omero, Odissea VIII, vv. 485-522 (VIII secolo a.C.)

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