XVI DOM. T.O.
L’attuale Superiore generale dei Gesuiti (Padre Sosa) ha definito il diavolo come “figura simbolica per esprimere il male”, creata da noi (Intervista
a El Mundo del 31 maggio 2017).
Al di
là di ciò che intendesse realmente dire, queste parole fanno pensare che il
diavolo non esista, ma sia solo il frutto della fantasia umana, un espediente
verbale per indicare il male.
Ascoltiamo cosa dice a questo proposito il Catechismo della Chiesa
Cattolica (CCC):
Papa Paolo VI ha detto, parlando del maligno: «È il nemico numero uno, è il tentatore per eccellenza. … questo Essere
oscuro … esiste davvero, e … con … astuzia agisce ancora; è il nemico occulto
che semina errori e sventure nella storia umana. … Il male non è più soltanto
una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e
pervertitore. Una terribile realtà misteriosa e paurosa» (Udienza 15
novembre 1972). Papa Francesco si sofferma spesso a sottolineare la realtà del
maligno: “Con la sua morte e
resurrezione Gesù ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del
diavolo, dal potere del principe di questo mondo. L’origine dell’odio è questa:
siamo salvati e quel principe del mondo, che non vuole che siamo salvati, ci
odia e fa nascere la persecuzione che dai primi tempi di Gesù continua fino a
oggi" (Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, Omelia, Sabato, 22 aprile 2017).
Perché
tirarla così lunga diavolo?
Perché, come non ha esitato a dichiarare Baudelaire: «la più grande astuzia del diavolo è farci credere
che non esiste»; una convinzione ripresa da Papini che al Diavolo aveva
dedicato un intero volume nel 1953: «L’ultima
astuzia del diavolo fu quella di spargere la voce della sua morte».
Oggi Gesù, per l’ennesima volta ci ricorda
che siamo in guerra, perché abbiamo un nemico implacabile che, vuole la nostra
rovina.
E’ un nemico molto intelligente che agisce
con astuzia: “Quando … il diavolo vede
che uno non vuol peccare, non è mica tanto ingenuo … da suggerirgli subito così
direttamente un peccato evidente. Non gli dice: “Vattene a fornicare”, oppure:
“Vattene a rubare”, perché sa che queste cose non vogliamo farle e non si
azzarda a dirci quel che non vogliamo; ma trova, … pretesti ragionevoli”
(Doroteo di Gaza, Insegnamenti
spirituali, Città Nuova 106).
Egli camuffa il male con il bene, ne sanno
qualcosa gli abitanti di Troia, sconfitti proprio grazie a quell’enorme
cavallo, che nascondeva al suo interno i soldati nemici[1]
- “Guai a coloro che chiamano bene il
male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che
cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Is 5,20) – e, si avvicina a
noi quando siamo più fragili e vulnerabili. Nessun nemico attaccherebbe una
città nel punto più solido e quando le sentinelle sono sveglie; se è un buon
stratega, aspetta il momento della veglia e sceglie il punto più fragile nelle
mura difensive. San Pietro ci indica la via per non rimanere troppo
condizionati dalla zizzania: “Il vostro
nemico, il diavolo, come leone
ruggente va in giro cercando chi divorare. 9Resistetegli
saldi nella fede” (1Pt 5,8s).
Detto questo, è altrettanto chiaro che Dio
sta dalla nostra parte. Egli sa che, a causa della nostra volontà debole e
condizionata, facilmente lasciamo germogliare in noi dei semi non buoni. I
mezzi di comunicazione e il pensiero comune, uniti alla poca vigilanza, ci
sottopongono continuamente a una semina pericolosa, ma Egli non vuole rischiare
di buttare via “il bambino con l’acqua sporca”. Sarebbe facile dividere il
mondo in due, tra buoni e cattivi, ma sappiamo bene che La frontiera che separa
il buono dal cattivo, passa in realtà in ciascuno di noi. Il
Signore aspetta e fa di tutto per far prevalere la natura sana e buona che, con
il Battesimo ci ha regalata. Egli vuole che il seme messo in noi, trovi le
condizioni per germogliare e crescere.
[1]
“Proprio così poi doveva
andare: infatti, era destino che essi perissero, appena la città avesse accolto
il grande cavallo di legno, dove sedevano tutti i più forti degli Argivi, portando
strage e rovina ai Troiani.
E
cantava come distrussero la città i figli degli Achei, calati giù dal cavallo,
dopo aver lasciato la concava insidia” .(Omero, Odissea VIII, vv. 485-522 (VIII secolo a.C.)
Nessun commento:
Posta un commento