Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 24 luglio 2017

Le grandi falsità non muoiono mai

Da la lettera di San Giovanni Paolo II all'Ordine dei Predicatori (11 luglio 2001)

È chiaro che le antiche afflizioni dell'animo umano e le grandi falsità non muoiono mai, ma giacciono nascoste per un certo periodo di tempo per poi riapparire sotto altre forme.
È il motivo per cui è sempre necessaria una nuova evangelizzazione del tipo al quale lo Spirito Santo esorta ora tutta la Chiesa. Viviamo in un'epoca caratterizzata a suo modo dalla negazione dell'Incarnazione. Per la prima volta dalla nascita di Cristo, avvenuta duemila anni fa, è come se quest'ultimo non trovasse più posto in un mondo sempre più secolarizzato. Non che venga sempre negato in maniera esplicita. Molti sostengono di ammirare Gesù e di apprezzare alcuni elementi del suo insegnamento, ma Egli resta distante:  non lo si conosce, non lo si ama e non gli si obbedisce veramente e lo si relega in un passato remoto o in un cielo distante.
La nostra è un'epoca che nega l'Incarnazione in una miriade di modi e le conseguenze di questa negazione sono chiare e inquietanti. In primo luogo, il rapporto dell'individuo con Dio viene considerato esclusivamente personale e privato, cosicché Dio viene rimosso dai processi che governano l'attività politica, economica e sociale. Ciò porta a una notevole diminuzione del senso delle possibilità umane perché solo Cristo rivela pienamente le magnifiche possibilità della vita umana, "svela anche pienamente l'uomo all'uomo" (Gaudium et spes, n. 22). Quando si esclude o si nega Cristo, la nostra visione della finalità umana si riduce e prevedendo e mirando a meno di questo, la speranza e la gioia lasciano il posto alla disperazione e alla depressione. Subentra inoltre una sfiducia profonda della ragione e della capacità umana di cogliere la verità. Infatti si mette in dubbio il concetto stesso di verità. Impoverendosi reciprocamente, la fede e la ragione si separano, degenerando rispettivamente nel fideismo e nel razionalismo (cfr Fides et ratio, n. 48). Non si apprezza e non si ama la vita e si fa strada una certa cultura della morte con i suoi amari frutti di aborto ed eutanasia. Non si apprezzano e non si amano correttamente il corpo e la sessualità umani e ne deriva un'attività sessuale degradante che si esprime con la confusione morale, con l'infedeltà e con la violenza della pornografia. Non si ama e non si apprezza neanche il creato stesso ed ecco lo spettro dell'egoismo distruttivo nell'abuso e nello sfruttamento dell'ambiente.

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