In queste ultime settimane il Signore Gesù ci ha detto che Dio è
paziente e sa fare spazio anche agli ultimi arrivati; che non gli importano
tanto le parole che diciamo, ma i fatti che compiamo. Sant’Antonio di Padova ci
direbbe: “Tacciano le parole, parlino le
opere” (Da i Discorsi I,
226).
Ancora una volta una vigna consente al Signore Gesù di parlarci e di aiutarci
a leggere la realtà, per decifrarla; solo così possiamo edificare un presente
solido e garantirci un futuro.
Gesù è la Verità e non può che insegnarci a fare verità. Perché? Perché
anche se chiudiamo gli occhi o nascondiamo la realtà, questa produce comunque i
suoi frutti.
“Ora voglio farvi conoscere ciò
che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in
pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un
deserto,
non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia” (Is 5,5s); sono parole molto dure, soprattutto se confrontate con l’elenco dei segni dell’amore di Dio per il Suo popolo, cantate poco prima. A questo popolo paragonato a una vigna scelta, piantata sopra un fertile colle; dissodata e sgombrata dai sassi, composta di viti pregiate, il profeta annuncia rovina.
non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia” (Is 5,5s); sono parole molto dure, soprattutto se confrontate con l’elenco dei segni dell’amore di Dio per il Suo popolo, cantate poco prima. A questo popolo paragonato a una vigna scelta, piantata sopra un fertile colle; dissodata e sgombrata dai sassi, composta di viti pregiate, il profeta annuncia rovina.
Cosa è successo?
“Egli (Dio) si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”
(Is 5,7).
Andando a scorrere i versetti che seguono, abbiamo le idee più chiare: “Guai a coloro che si tirano addosso il
castigo con corde da tori e … con funi da carro … Guai a coloro che chiamano
bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in
tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro. Guai a coloro che
si credono sapienti e si reputano intelligenti. Guai a coloro … che assolvono
per regali un colpevole e privano del suo diritto l’innocente … hanno
rigettato la legge del Signore …, hanno disprezzato la parola del Santo
d’Israele. Per questo è divampato lo sdegno del Signore contro il suo popolo” (Is 5,18; 20ss). Il profeta dice che la
causa della rovina, è dovuta al capovolgimento della verità, ridotta al rango di
menzogna e alla disonestà. Gesù poi allarga ulteriormente il discorso, dicendo
che, coloro che hanno cercato di appropriarsi di ciò che è di Dio, alla fine hanno
voluto uccidere Dio stesso, convinti di diventare finalmente liberi.
Permettetemi di citarvi allora un sorprendente testo
di Nietzsche: “"Dove se
n’è andato Dio? … ve lo voglio dire! Siamo stati noi a ucciderlo: voi e io!
Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? … Dio è morto!
Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! … Quanto di più sacro e di più
possente il mondo possedeva fino a oggi, si è dissanguato sotto i nostri
coltelli. … Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto
irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e qui abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e
interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in
questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri
di Dio?” (La gaia scienza, aforisma 125). Secondo
Nietzsche, Dio è stato ucciso nell’indifferenza; Dio è
morto tra uomini distratti, senza la tragedia che l’enormità del fatto avrebbe
dovuto comportare. Dio è ucciso laddove
non gli si consente di vivere, dove lo si emargina o lo si riduce a un vago
ente lontano e ininfluente nelle scelte fondamentali dell’esistenza.
Scrive ancora Nietzsche: “In
realtà, noi filosofi e spiriti liberi, alla notizia che il vecchio Dio é morto,
ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne
straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presagio, d'attesa. Finalmente
l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non é sereno,
finalmente possiamo di nuovo sciogliere le vele alle nostre navi, muovere
incontro a ogni pericolo; ogni rischio dell'uomo della conoscenza é di nuovo
permesso; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi é
ancora mai stato un mare così aperto” (La
gaia scienza). Noi invece ci lasciamo provocare dalla Parola di Dio e
diciamo che, niente di buono può
scaturire dall’emarginazione di Dio dalla nostra vita personale e sociale. “Da te mai più ci allontaneremo, facci vivere
… Signore … fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”
(Salmo 79).
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