Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 11 novembre 2017

Ora, non domani



XXXII DOM. T.O

     Un tempo, a scuola, esistevano le cosiddette “interrogazioni programmate”.
Gli insegnanti ci dicevano quando ci avrebbero interrogati e noi, il giorno prima, studiavamo per superare l’interrogazione. Avete capito bene; la maggior parte di noi non studiava per crescere in sapienza e per maturare una cultura che ci sarebbe servita per la vita, bensì per superare la prova, almeno con la sufficienza. Anche se non condividiamo più questa modalità, non credo, ci si debba stupire troppo, quando ad agire così sono dei giovani non ancora pienamente maturi.
     Non possiamo però affrontare la vita e la fede nello stesso modo. Oggi siamo fortemente spinti a diventare uomini e donne in ricerca della sapienza: “La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. … Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta” (Sap 6,12;14).
     Cos’è questa sapienza? Scrive san Paolo:“Parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla” (1Cor 2,6).
     Questo termine deriva dal latino sàpere e allude al gusto delle cose; sapienza è sinonimo di “sapore”. Colui che mangia di tutto senza distinguere tra ciò che è buono, sano e gli fa bene e, ciò che è di cattivo gusto e magari nocivo, è un insipiente, che gli piaccia o meno.  Troviamo scritto: “Non affannatevi a cercare la morte con gli errori della vostra vita, non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani, perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra” (Sap 1,12ss).
     La sapienza è un sapere profondo che dona spessore, qualità, gusto alla vita e la orienta. Il sapiente non è un teorico, bensì un pratico (dal lat. tardo practĭcus, gr. πρακτικός «attivo, pratico», der. del tema di πράσσω «fare, agire»), che opera con estrema concretezza nella vita.
     Essa matura non tanto o non solo, con uno sforzo culturale, bensì da una relazione: “Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato” (1Cor 2,11); “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano (2,9). Ritenere che si possa essere sapienti, indipendentemente da Dio, anzi esludendoLo volutamente, ha certamente imboccato un strada senza uscita. In parole povere possiamo dire che è pienamente sapiente chi vede la realtà con gli occhi di Dio, andando oltre i limiti dell’intelligenza umana.
     Per questo l’autore del libro della Sapienza afferma: “Sapendo che non avrei ottenuto la sapienza in altro modo, se Dio non me l’avesse concessa – ed è già segno di saggezza sapere da chi viene tale dono –, mi rivolsi al Signore e lo pregai” (Sap 8,21).
     Oggi Gesù ci racconta questa parabola, perché gli è stato chiesto: «Di’ a noi … quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo» (Mt 24,3). Egli chiude il discorso, dicendo: “Vegliate … perché non sapete né il giorno né l’ora” (25,13) e spostando l’attenzione dal quando al come. Non possiamo determinare con certezza il tempo in cui il progetto di Dio giungerà a compimento ed è sostanzialmente inutile fare calcoli e previsioni, c’è invece un tempo che certamente finirà ed è quello della nostra storia personale. Siamo immersi in una cultura che nasconde la morte, perché ne ha paura, ma questo non le impedirà di raggiungerci.
     E’ sapiente chi ha coscienza della fugacità del tempo - “Il temo passa e non ti aspetta”, scrive santa Caterina da Siena in molte delle sue lettere -; non chi si preoccupa del “quando” giungerà il Signore – perché ogni istante può essere quello giusto, ma di come farsi trovare. Cosa sono quelle lampade con l’olio, se non un’esistenza che fa luce? Non ha detto Gesù: “Voi siete la luce del mondo”?
     Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio” (Salmo 90,12). Aiutaci Signore a percepire che questo istante è l’unico sul quale possiamo fare conto, perché il passato non ci appartiene più e il futuro non è certo, così potremo fare ciò che è giusto e buono e necessario, senza rimandarlo.

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