Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 4 marzo 2018

Per chi è la frusta?



III DOM. Q.

     «Ascoltate la parola del Signore, voi tutti … che varcate queste porte per prostrarvi al Signore. …: Rendete buone la vostra condotta e le vostre azioni ... Se davvero renderete buone la vostra condotta e le vostre azioni, se praticherete la giustizia
…, se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete sangue innocente … e se non seguirete per vostra disgrazia dèi stranieri, io vi farò abitare in questo luogo, nella terra che diedi ai vostri padri da sempre e per sempre. Ma voi confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, … seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi abomini. Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome? Anch’io però vedo tutto questo!” (Ger 7,1ss).
     E’ importante ascoltare questa profezia del profeta Geremia, altrimenti rischiamo di non comprendere il senso più profondo del gesto di Gesù. Al massimo finiamo per preoccuparci di questioni relative ai soldi che girano intono ai santuari o ad alcune chiese, scandalizzandoci per ciò che fanno gli altri. Questa parola invece è proprio per tutti noi che siamo qui, nessuno escluso, e riguarda il nostro modo di vivere la fede.
     Il problema non sta nel fatto che si vendano animali nel tempio o che giri denaro – è inevitabile, visto che ogni giorno si dovevano offrire sacrifici, previsti dalla legge di Mosè. Anche Maria e Giuseppe,  “quando venne il tempo della loro purificazione  secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore …  e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore” (Lc 2,22s) -, bensì nella frattura tra la vita reale, fuori dal tempio e il culto. Gesù non tollera una spiritualità che non impegna e non provoca al cambiamento, ma quasi legittima il nostro immobilismo.
     Ancora più chiaro è il Salmo 50:
     Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici, i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
  Se avessi fame, non te lo direi: mio è il mondo e quanto contiene. Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;   Al malvagio Dio dice: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza,  tu che hai in odio la disciplina
e le mie parole ti getti alle spalle?  Se vedi un ladro, corri con lui e degli adulteri ti fai compagno.  Abbandoni la tua bocca al male e la tua lingua trama inganni.  Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre.  Hai fatto questo e io dovrei tacere? Forse credevi che io fossi come te! Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa”.
     Gesù non ce l’ha con quelli che hanno le bancarelle dei souvenirs a Lourdes o a Medjugorie, ma con chi pur vivendo il culto, non vuole lasciarsi toccare il cuore da Dio; con chi esce dalla celebrazione sembra uguale a se stesso. Costui è un “ladro”, perché ruba a Dio la grazia e la spreca.
     Per questo ci fanno ridere, per non dire, piangere, coloro che vorrebbero da noi una fede rinchiusa nel privato delle nostre coscienze, senza incidere sulla realtà in cui viviamo. Per noi è inconcepibile. Non esiste una fede che possa rimanere chiusa in chiesa e se esistesse, avrebbe bisogno di cura.
     Comprendiamo allora perché oggi la Chiesa ci propone le Dieci Parole (il Decalogo). Il culto non è mai fine a se stesso e non può diventare una garanzia; non è il pegno che pago a Dio per stare tranquillo. La liturgia è il fuoco che vuole infiammarci, per fare di noi dei nuovi Geremia; lui che a un certo punto, pur sentendo tutta la fatica di servire il Signore, arriva a dire: “nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20,9). Non si può stare qui e servire altri dèi, lasciando che a determinare la nostra vita siano altre persone o altre situazioni; interpellando il Signore solo quando le cose non vanno come previsto. Nemmeno si può stare qui e non lasciarsi toccare il cuore, facendolo diventare trasparenza del cuore di Dio.
    «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? ... Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; …: non posso sopportare delitto e solennità. … per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: ... Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene,cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana.  Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra” (Is 1,11ss).
    

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