Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 7 aprile 2019

Vita, non morte.


V DOM. QUAR.



     La posero in mezzo” (Gv 8,3), come una cosa, un oggetto su cui discutere.

     Proviamo a immaginare che adesso, uno/a di noi venga preso e spinto qui, davanti a tutti, mentre qualcun altro dal microfono spiattella i nostri peccati segreti, per processarci, avendo però già deciso la condanna. Possiamo solo immaginare l’umiliazione, la vergogna e la paura delle conseguenze. Ci viene alla mente la Regina, in “Alice nel paese delle meraviglie”, quando grida: “Prima la sentenza – poi il verdetto”. “Che sciocchezza! disse forte Alice. “L’idea di cominciare dalla sentenza!”. “Tieni a freno la lingua!” disse la Regina, facendosi paonazza. “Neanche per sogno!” disse Alice. “Tagliatele la testa!”.
     La vicenda drammatica di questa donna avviene nel Tempio - luogo sacro, dimora di Dio tra gli uomini -, nella convinzione profonda che chi pecca, come un cancro, debba essere estirpato dal corpo. Dio lo vuole! Questa è la certezza di queste persone religiose.
     Perché Dio dovrebbe volere questo? Per evitare che il male si diffonda e contagi anche le parte “sana” del “corpo” e tutto vada in malora.
     In un certo senso, è davvero così. Dio sa che il male è contagioso, anche solo perché chi vede certi comportamenti, li impara e, per questo va ostacolato. Molto diverso però è il modo di agire del Signore. Laddove noi lapidiamo, Lui cura e difende; dove condanniamo senza appello, Lui ripete: “Provaci, ce la puoi fare”. Sono Sue le parole: “ Io non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. Il che significa che il Signore desidera la guarigione, non l’eliminazione di chi pecca.
     Siamo sicuri che Gesù manifesti davvero la volontà del Padre; non è che hanno ragione gli scribi e i farisei che, del resto stanno citando Mosè? Ascoltiamo Lui stesso mentre parla di sé il terza persona: “In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. … Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole” (Gv 5,19ss).
     In realtà la conversione è morte. La grazia di Dio, “uccide” quella parte di noi che è malata e la risana: “In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. … Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno” (Gv 5,25ss).  A volte viviamo chiusi dentro a sepolcri di morte e, anche se soffochiamo, non riusciamo a uscirne: Dio vuole tirarci fuori da lì.
     Chi è senza peccato scagli per primo la pietra”; Gesù può tirare la pietra, perché Lui è la “pietra angolare”, ma invece di colpire la carne dell’uomo, vuole prima raggiungere il coperchio del sepolcro e raggiungere il suo peccato.
     Gesù non fa sconti al peccato; Egli non scusa la donna, non le dice di stare tranquilla, tanto lo fanno tutti e poi, forse deve cercare la causa del suo tradimento, nel fatto che il marito la trascura, quindi è più colpa di lui che di lei … . No, le dice: “Va’ e non peccare più!”.
     Il Signore poi fa un gesto misterioso, scrive per terra, nella polvere, perché? Ascoltiamo il profeta Geremia: “O … Signore, quanti ti abbandonano resteranno confusi; quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato il Signore, fonte di acqua viva. Guariscimi, Signore, e guarirò, salvami e sarò salvato, poiché tu sei il mio vanto” (Ger 17,13). Gesù sta forse scrivendo i nomi di coloro che hanno abbandonato il Signore? La donna? No, quegli scribi e farisei che hanno lasciato diventare i loro cuori talmente duri, da trasformarli in pietre adatte a lapidare.
     Scrive sant’Ambrogio: “poiché Cristo ti ha redento, la grazia corregga ciò che la pena non potrebbe aggiustare, ma solo piegare” (Lettera 26,20).
    Padre, aiutami a fare mie le parole di Paolo: “Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui”; che io non guardi tanto se gli altri corrono e, come corrono, ma dica: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,8ss).

















Dio di bontà, che rinnovi in Cristo tutte le cose,
davanti a te sta la nostra miseria:
tu che hai mandato il tuo Figlio unigenito
non per condannare, ma per salvare il mondo,
perdona ogni nostra colpa
e fa' che rifiorisca nel nostro cuore
il canto della gratitudine e della gioia.


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