IV DOM. QUAR.
Questa parabola è davvero Vangelo, cioè “buona notizia”, capace di
cambiare in un batter d’occhio la vita di una persona. Gesù la racconta, perché
gli esperti della parola di Dio, scandalizzati non si accorgono che questo è lo
stile di Dio
: “si avvicinavano a lui
tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi
mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (Lc
15,1ss). Gesù è circondato da gente che, vuole “buttare via il bambino con l’acqua
sporca”, mentre per Lui ognuno vale tutto il Suo sangue. E’ sconvolgente che, nella
notte in cui veniva tradito, Egli prese il pane e il vino e li trasformò nella
Sua carne e nel Suo sangue donati. Capite! Mentre veniva tradito e, Lo sapeva
molto bene, ha scelto di dare la Sua vita per la salvezza degli uomini.
Oggi molti pensano che per Dio il male sia indifferente: che assurdità! che
per Lui, essere misericordioso, significhi banalizzare la tenebra: che
assurdità! Dio non tollera il male. Gesù non fa mai sconti al male e al
peccato. Perché? Forse perché Dio è offeso? Piuttosto per il semplice fatto
che il male e il peccato danneggiano l’uomo, eternala creatura più amata,
lo feriscono e lo possono portare alla morte eterna.
Il Verbo di Dio si è fatto carne per venire in cerca di Adamo ed Eva che,
finiti fuori da Eden, hanno perduta la loro dignità, per riportarli a casa,
perché soltanto lì essi possono trovare la vita piena. Chi sono Adamo ed Eva se
non ognuno di noi. Quando Gesù racconta la parabola del pastore che lascia le
99 pecore, per andare in cerca dell’unica perduta, non sta parlando forse di Sé,
in cerca di me e di te? Quando viene a cercarci, non vuole fare altro che portarci
dalla tenebra alla luce, dalla morte alla vita: “facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in
vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,23s).
Certo, ci lascia partire e andare lontano: cosa può fare contro la
nostra volontà? Sa benissimo però cosa ci attende; sa che lontano da Lui non
troveremo noi stessi, ma ci perderemo il meglio. Allora insiste per
raggiungerci e se noi ci ostiniamo a scappare, Lui ci attende, ma non dirà mai
che ciò che abbiamo fatto o detto è buono.
Cosa ci aspetta al ritorno? Un aspro rimprovero? No. Egli ci dà un’opportunità
nuova: “se uno è in Cristo, è una nuova
creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé” (2Cor 5,17s). Il padre della parabola fa riveste il figlio morto e ritornato in vita, con la stessa dignità che aveva prima: il vestito più bello è, letteralmente il primo abito, la condizione originaria; i sandali ai piedi lo riportano nella condizione di figlio e non più di schiavo; l’anello al dito, gli consente di sigillare nuovamente i contratti, perché è ritornato signore nella sua casa. Non è diventato di seconda categoria, oramai definitivamente difettoso, al quale rinfacciare a ogni passo gli errori compiuti, ma è nuovamente figlio degno.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé” (2Cor 5,17s). Il padre della parabola fa riveste il figlio morto e ritornato in vita, con la stessa dignità che aveva prima: il vestito più bello è, letteralmente il primo abito, la condizione originaria; i sandali ai piedi lo riportano nella condizione di figlio e non più di schiavo; l’anello al dito, gli consente di sigillare nuovamente i contratti, perché è ritornato signore nella sua casa. Non è diventato di seconda categoria, oramai definitivamente difettoso, al quale rinfacciare a ogni passo gli errori compiuti, ma è nuovamente figlio degno.
Ripeto, però, tutto questo avviene, non perché il Padre è indifferente a
tutto ciò che il figlio ha fatto – egli ha sprecato la sua vita, ha gettato via
tempo e opportunità -, ma perché ognuno di noi, per Lui, è più importante di
ciò che compie. Una nuova opportunità non significa un lasciapassare perché
tutto continui come prima, bensì perché cominciamo a vivere secondo la nostra
vera dignità.
Nulla di ciò che abbiamo fatto o detto, anche se ci ha allontanato da
Dio, fin a farci quasi morire, impedisce al Suo amore di farci nuovi, se glielo
concediamo.
Eccola la buona notizia per te e per me, consapevoli di avere sprecato
vita: possiamo ritornare, perché saremo accolti.
C’è anche una parola forte per te e per me, se ci sentiamo come il
figlio rimasto a casa, quello che non ha mai sgarrato e che non tollera che suo
fratello possa essere perdonato. A noi il Signore chiede di essere come Lui: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di
Cristo Gesù” (Fil 2,5); “Da questo
sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo
conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la
verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente
perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui,
deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato” (1Gv 2,3-6).
Grazie Signore, perché non sei come noi, duro e inflessibile nei
confronti della nostra ostinazione e debolezza. Continua a farci sentire la Tua
voce e il Tuo profumo, affinché, come Agostino possiamo dire: “Tu hai chiamato e gridato, hai spezzato la mia sordità, hai
brillato e balenato,
hai dissipato
la mia cecità, hai sparso la tua fragranza e io respirai,
e ora anelo verso di te;ti ho gustata e ora ho fame e sete, mi hai toccato, e io arsi nel desiderio della tua pace” (Confessioni).
e ora anelo verso di te;ti ho gustata e ora ho fame e sete, mi hai toccato, e io arsi nel desiderio della tua pace” (Confessioni).
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