Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 31 maggio 2020

Non è tutto oro ciò che luccica

Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza(1Cor 12,1). San Paolo scrive queste parole ai cristiani di Corinto, per lo più provenienti dal mondo greco-pagano, da una religiosità caratterizzata da manifestazioni esteriori eclatanti, con fenomeni quasi di possessione - l’ “enthusiasmòs”, l’entusiasmo è il fatto di una divinità che entra nel corpo e suscita una particolare eccitazione -. In quella comunità non era chiaro cosa fosse frutto dello Spirito di Dio e quanto abitudine o addirittura mania religiosa.

Evidentemente qualcuno deve avere chiesto a Paolo che cosa pensasse di questi fenomeni, o forse gli erano giunte notizie di un’esagerazione in questa direzione e l’apostolo esprime il suo parere.
Innanzitutto dello Spirito Santo si può parlare solo partendo dagli effetti. Per capire se lo Spirito Santo sta agendo, bisogna riconoscere i segni della Sua presenza. Come il vento lo si vede da ciò che produce, così lo Spirito: il primo effetto, quello determinante, fondamentale e decisivo, è la fede in Gesù: “nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (12,3). Lo Spirito Santo porta a dire: Gesù ha ragione, io Lo accetto, mi affido a Lui, metto nelle Sue mani la mia vita. Laddove Cristo è il riferimento effettivo di un’esistenza, lì lo Spirito Santo è presente e opera.
Paolo poi prosegue e afferma: A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune” (12,7); egli fa un passo avanti e dice che ciascuno dei cristiani ha ricevuto una manifestazione dello Spirito e, quel dono è a servizio degli altri, per la comunità. Il carisma, il dono, non è fine a se stesso, ma è finalizzato al bene degli altri. Ciò che conta non è quanto il dono sia straordinario, ma come viene usato; se tenuto inutilizzato, se usato per l’utilità personale oppure per il bene degli altri. Prendiamo il fatto raccontatoci da Luca: “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2,2ss). Cosa è importante qui, che i discepoli parlino miracolosamente una molteplicità di lingue straniere o che, attraverso questo dono possano parlare, entrare in relazione, indicare a coloro che ascoltano la via della salvezza? A cosa serve essere poliglotti se poi si resta muti o si vuole semplicemente apparire come fenomeni o, peggio ancora, si diffondono errori e cattiverie? C’è chi conosce molte cose, indubbiamente sa parlare, ma le sue parole non toccano il cuore, restano sospese sopra la testa, inefficaci; al contrario, ci sono altri, un po’ rari purtroppo, dal quale si sente ascoltati con attenzione, amati e letti in profondità: questi riescono a dire parole vere, operative, capaci di cambiare la nostra storia. Qui c’è lo Spirito che agisce.
Un secondo segno che lo Spirito sta agendo, è l’apertura all’altro, l’uscita da sé e dal proprio egocentrismo.
Ecco allora la conclusione di Paolo: Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime(12,31); la via per eccellenza, dice, superiore a tutte le altre, e a cui dovete aspirare è la carità, l’agàpe. Ecco allora le meravigliose parole che tutti conosciamo: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe” (13,1ss).
La carità è la prova che il dono, non solo viene da Dio, ma è operato con la Sua grazia, con il Suo aiuto: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (13,4ss).
Spirito Santo, “dito della mano di Dio”, non ti chiediamo doni appariscenti, ma di renderci uomini dal cuore grande, benevoli, capaci di godere dei successi altrui, di non inorgoglirci per i nostri doni; rispettosi della dignità altrui; capaci di guardare al bene degli altri, oltre che al nostro; miti e capaci di perdonare; amici della giustizia e testimoni credibili della verità; pieni di pazienza verso gli altri. Amen

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