Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 23 maggio 2020

Ascende, ma non si allontana

ASCENSIONE DEL SIGNORE 

 “Essi però dubitarono” (Mt 28,17), nonostante “Egli si (fosse mostrato) vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio” (At 1,3). Dovevano avere proprio la testa dura questi discepoli, eppure Gesù compie nei loro confronti un atto di fiducia, li manda al mondo intero: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). 
E’ sempre molto confortante vedere che Gesù non ha chiamato degli uomini perfetti come Suoi collaboratori. Perfetto, infatti, etimologicamente è ciò che è compiuto che, non manca di nulla, privo di difetti. Guai se non fosse così; nessuno di noi avrebbe speranza. Con Gesù non ci vuole un curriculum vitae speciale; non bisogna presentarsi, mascherati da fenomeni, a un sacro ufficio del “personale”. Tutti siamo degni; tutti siamo adatti. 

Perché Gesù invia costoro? Affinché facciano “discepoli tutti i popoli”, ossia diano la possibilità alle persone di ogni luogo e di ogni tempo di imparare a vivere, in modo che l’esistenza abbia spessore, sapore, colore, senso . La parola “discepolo”, infatti, deriva dal latino “discipulus”, ovvero “studente, allievo”; nel nostro caso, sono coloro” che circondavano Gesù e imparavano dai suoi insegnamenti.      

Quel che conta è il “tutti popoli” o che siano resi “discepoli”? Nel primo caso basterebbero i “numeri”: più battezzati, più sante comunioni, più matrimoni sacramentali, ecc ... sarebbero indice di “successo”; al contrario, numeri bassi che, tra l’altro sono quelli dei nostri giorni, parlerebbero di fallimento, come in una qualsiasi azienda. Il vero “successo” c’è quando, grazia al Vangelo anche un solo essere umano ritrova la vita dove prima c’era la morte; si rialza dalla propria paresi; vede fiorire il deserto. 

Sono i discepoli seppur imperfetti e inadeguati che generano altri discepoli, imperfetti e inadeguati, ma desiderosi di una vita che non sia pura sopravvivenza; puro trascorrere del tempo; invecchiamento inarrestabile, ma maturazione. E’ discepolo di Cristo, chi ha scoperto la via e la sta percorrendo, pur non essendo ancora arrivato a destinazione; chi non ascolta ogni voce, percorrendo disorientato ogni strada che gli si para davanti, ma sa scegliere. 

Si diventa discepoli, capaci di generare altri discepoli se le nostre esistenze sono diverse e profumano di vita, senza lasciare dietro di sé odore di morte o, più semplicemente, di naftalina. 

Gesù dice una parola fondamentale, senza la quale tutto sarebbe solamente nelle nostre fragili mani: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Scrive Madeleine Delbrel: “Inizia un altro giorno. Gesù vuol viverlo in me. Lui non si è isolato. Ha camminato in mezzo agli uomini. Con me cammina tra gli uomini d'oggi” (M. Delbrêl, Il piccolo monaco, P. Gribaudi editore, Torino, 1990). Grazie Signore, perché accetti anche la mia povertà; non ti vergogni di me, ma accetti di far parte della mia vita. Grazie, perché raggiungi la mia fame e sete di pienezza e la colmi. Possa la mia vita, essere scegno credibile del Tuo passaggio e, attragga a Te, i cercatori di senso.

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