Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 24 giugno 2012

Perché andare a Messa? di don Caludio Doglio 4

La mensa del Pane Inizia quindi il prefazio. "Il Signore sia con voi, in alto i nostri cuori", come dire: "Ragazzi, alziamo il livello"; non è semplicemente "coraggio". "In alto i nostri cuori" vuol dire: teniamo un profilo alto, tendiamo verso l’alto, orientiamoci a ciò che è elevato. A questo punto voi rispondete "Sono rivolti al Signore". Meno male, se è vero siamo a posto! Io vi ho detto: "In alto i cuori" e voi affermate "Sono rivolti al Signore"; pensateci un po’ seriamente. Il nostro cuore, ognuno dice il proprio, ma lo diciamo tutti insieme: i nostri cuori sono rivolti al Signore. Dove volete che siano rivolti i nostri cuori? Noi abbiamo raccolto tutti i problemi, tutte le cose che ci stanno a cuore, ma adesso il cuore è rivolto al Signore. Allora, se è vero che il cuore è rivolto al Signore, che cosa dobbiamo fare? Rendiamo grazie! Messa è ringraziamento, eucaristia vuol dire proprio ringraziamento.
"Rendiamo grazie" e voi dite: "È cosa buona e giusta", è proprio vero quello che hai detto, dobbiamo rendere grazie. Io allora ribadisco "È veramente cosa buona e giusta…". Bravi, ci diamo ragione uno con l’altro, ecco come si va d’accordo. Si tratta di pensare a cose che abbiamo sempre detto, sono cose elementari, è un dialogo fra persone che recitano una parte senza pensarci oppure attivamente partecipano. Ecco, partecipare attivamente vuol dire pensare a quello che dici, dirlo veramente, sentire e condividere quello che dici. Il celebrante poi ringrazia il Signore per un aspetto particolare, anche qui infatti i prefazi variano di domenica in domenica a seconda delle feste. Culminano tutti con il canto del Santo e poi inizia la preghiera eucaristica vera e propria, dove si fa memoria della storia della salvezza. Il Signore ha creato il mondo, non ha abbandonato l’uomo peccatore, è intervenuto nella storia, si è fatto uomo, è morto per noi; prima di morire ha lasciato tutto se stesso: il suo corpo e il suo sangue. Questo è il mistero della nostra fede. 
Mistero della fede!

Non significa: "È un mistero, ma ci crediamo ugualmente", ma significa: "È il progetto di Dio che noi accogliamo".
Mistero vuol dire progetto segreto, ma adesso rivelato: noi lo abbiamo conosciuto. Il mistero è quello che abbiamo capito, quello che ci è stato detto nella prima parte, nella liturgia della Parola, nella rivelazione ed è il mistero della fede nel senso che noi lo accogliamo, lo accettiamo, partecipiamo a questa rivelazione. A questo punto il celebrante raccoglie ancora le varie intenzioni e prega per la Chiesa universale, per il papa, per il vescovo, per il clero, per il popolo, per i vivi e per i morti, per tutti. È una apertura universale, ci interessa tutto il mondo. Io ho il mio piccolo problema, ma sto partecipando a un evento che abbraccia tutto il mondo. Ma pensate – nel nostro piccolo, in una Messa – noi siamo nella stanza dei bottoni; si dice così in gergo, cioè là dove comandano, dove ci sono quelli che contano, dove si prendono le grandi decisioni. Noi in una Messa siamo lì, partecipi e attivi, abbiamo un ruolo importante, abbiamo dalla nostra parte il re dell’universo, siamo coinvolti nella sua vita e lui può fare qualcosa per noi. La grande dossologia, cioè il rendimento di gloria finale, chiude con un "Amen". È importante quell’amen finale della preghiera eucaristica. Sappiamo che amen vuol dire "è solido, è fondato, quindi ci credo". L’amen è una accettazione, è una formula che deve essere detta ad alta voce, in modo solenne, forte, perché è la firma, è la partecipazione attiva. Anche se quella preghiera non l’hai detta tu, tu però partecipi, l’hai ascoltata, l’hai fatta tua, è diventata anche la tua preghiera ed è una preghiera potente e operante

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