Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 31 agosto 2013

Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore



XXII DOMENICA T.O.

     “Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare”  (Lc 14,1). Ancora una volta troviamo Gesù a tavola per condividere il pasto; a volte si è tranquillamente seduto a condividere la mensa con dei pubblici peccatori, oggi invece sta con delle persone “altolocate”
, appartenenti all’elite spirituale d’Israele. Gesù è disponibile a incontrare tutti – non è un manicheo che, con pregiudizio, divide il mondo tra buoni e cattivi, a seconda di quale gruppo appartengono -. Egli sa che vale sempre la pena d’incontrare l’essere umano, indipendentemente dalla sua condizione sociale o spirituale, perché dall’incontro con Lui anche il cuore più arido e duro può rifiorire e generare vita. Non ci sono per Dio persone in frequentabili. Esprime bene questo Giovanni XXIII. Una volta fu accusato di tollerare la Massoneria; nel suo diario scrive: “Ciò è precisamente falso. Anche le anime dei massoni entrano nelle mie responsabilità innanzi al Signore. Io ne debbo curare la salute: ma non ad alcuno scapito della mia responsabilità innanzi alla più schietta dottrina ecclesiastica. Con cui non ammetterei mai compromessi di alcun spirito e misura”.[1] La verità è da custodire, ma le persone sono da salvare.
     Gesù incontra tutti coloro che si mettono sulla Sua strada e, a tutti parla con una chiarezza che, a volte, sembra rasentare la durezza. Questo però non fa venire meno il suo amore infinito per ogni essere umano, anzi. Egli è il Salvatore dell’uomo e, per salvare, a volte è necessario far emergere con chiarezza l’entità del male: “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama . È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre … Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati” (Eb 12,5-7;11).
     Diffidiamo di coloro che non ci richiamano mai, che ci lasciano fare o che ci incentivano a fare e dire tutto ciò che vogliamo!
     Coloro che sono invitati con Gesù, lo osservano, ma non si accorgono che anche Lui osserva loro. Evidentemente hanno dimenticato le splendide parole del Salmo: “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta” (Salmo 139, 1ss). Lo sguardo del Signore va oltre l’apparenza e penetra nella profondità del cuore. Gesù ha detto che “dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi” (Mt 7,16ss). Dai comportamenti degli uomini Egli risale al cuore, per guarirlo.
     La buona educazione vorrebbe che non si richiamasse pubblicamente un ospite, soprattutto quando si è in casa altrui, ma Gesù non si cura delle buone maniere: Lui vuole liberare le persone. Egli non è venuto per compiacere gli uomini, ma per sanarli.
     “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11). Possiamo intendere il verbo umiliare come sinonimo di “mortificare”, fare morire; siamo certi che Gesù non vuole mortificare né persone che mortificano. Gesù parla invece di umiltà (da humus,  terra) e ci richiama a essa. Umile non è chi si considera un nulla, quasi uno  scarto di natura, bensì chi ha una visione piena ed equilibrata di sé. Dice bene san Francesco quando scrive che “quanto l'uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più” (Amm XIX). Gesù quando ci incontra e ci parla vuole aiutarci a conoscere noi stessi, per mostrarci le ombre che si nascondono nel profondo e che hanno bisogno di essere diradate, ma anche per far risaltare quella parte luminosa, che splenderebbe più brillante se solamente la conoscessimo e glielo permettessimo.
     Signore Gesù fermati oggi a casa mia, siediti alla mia tavola, osservami e dimmi chi sono. Aiutami a conoscermi, indicami la strada da percorrere, affinché possa diventare quello che tu vuoi, ma soprattutto, accompagnami in questo cammino; non lasciarmi solo, perché senza di te sono destinato al fallimento.



[1] Giovanni XXIII, Pater amabilis. Agende del Pontefice, Istituto per le scienze religiose, 293).

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