Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

mercoledì 15 gennaio 2014

La vera notizia di quel battesimo



Riprendiamo dal sito Vatican Insider un articolo scritto da Andrea tornielli e pubblicato il 15/01/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul Blog non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

Com'è noto, domenica scorsa, nella festa del Battesimo di Gesù, ha celebrato i battesimi di 32 bambini nella Cappella Sistina. Fra questi c'era Giulia, figlia di una coppia sposata solo civilmente.


Due delle reazioni alla notizia che si sono registrate appaiono incongrue: quella di chi sottolinea soltanto l'assoluta eccezionalità di un gesto di rottura e quella di chi invece minimizza affermando che si tratta della prassi normale. Entrambe colgono un aspetto reale: si è trattato di un fatto inedito per una celebrazione papale pubblica, ma avviene già regolarmente nelle parrocchie di tutto il mondo

Don Giorgio Mazzanti, sacerdote fiorentino e docente di teologia sacramentaria all'Urbaniana, ha osservato ai microfoni di Radio Vaticana: «Nella "Evangelii gaudium" il Papa scrive che "tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale e nemmeno le porte dei sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi". Il gesto compiuto nella Sistina concretizza questa affermazione. In fondo, la cosa importante, è permettere a ogni persona di trovare una porta aperta che la introduca al mistero. Penso che il Papa intuisca benissimo che la Chiesa - e qui uso una sua immagine - "non può fare da dogana". Deve invece permettere alle persone di incontrare Gesù Cristo che è il vero Salvatore».

Che questo atteggiamento non sia nuovo in Bergoglio è ben noto: non si limitava certo a battezzare i figli di coppie unite in matrimonio solo civile, ma anche figli di ragazze madri, di coppie non sposate, etc.  E ciò che più lo addolorava, da vescovo, era scoprire che c'erano parroci i quali si rifiutavano di battezzare i bambini nati fuori dal matrimonio religioso. Posizione questa che non è certo esclusiva di qualche settore neo-clericale latinoamericano, ma riscontrabile anche in Europa e in Italia. È come se l'aspetto della «dogana», cioè della «regolarità» dei sacramenti dei genitori, l'aspetto della «preparazione» e dei «requisiti» venisse fatto prevalere sul bene del bambino, quasi che la norma e lo status dei genitori dovesse aver la meglio sulla grazia del battesimo.

Recita il canone 868 del Codice di diritto canonico: «Per battezzare lecitamente un bambino si esige: 1) che i genitori o almeno uno di essi o chi tiene legittimamente il loro posto, vi consentano; 2) che vi sia la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica; se tale speranza manca del tutto, il battesimo venga differito, secondo le disposizioni del diritto particolare, dandone ragione ai genitori». Ora, la «fondata speranza» si può basare sull'impegno del padrino o della madrina del battezzando (questi sì che secondo la norma canonica, devono essere cattolici, in regola con i sacramenti e condurre «una vita conforme alla fede e all'incarico» che assumono).

Diceva l'allora cardinale Bergoglio: «Il bambino non ha alcuna responsabilità dello stato del matrimonio dei suoi genitori. E poi, spesso il battesimo dei bambini diventa anche per i genitori un nuovo inizio. Di solito si fa una piccola catechesi prima del battesimo, di un’ora circa; poi una catechesi mistagogica durante la liturgia. In seguito, i sacerdoti e i laici vanno a fare le visite a queste famiglie, per continuare con loro la pastorale post-battesimale. E spesso capita che i genitori, che non erano sposati in chiesa, magari chiedono di venire davanti all’altare per celebrare il sacramento del matrimonio. Talvolta succede che i ministri e gli operatori pastorali assumono quasi un atteggiamento “padronale”, come se fosse nelle loro mani l’arbitrio di concedere o no i sacramenti».

Colpiscono questi accenni alla «piccola catechesi» e alla «catechesi mistagogica durante la liturgia». Non lunghi percorsi e corsi - che pure sono l'occasione per tentare di «riagganciare» alla vita parrocchiale famiglie che se ne sono allontanate - ma piccole catechesi. Confidando più sulla grazia che agisce e trasforma nel sacramento, che nella preparazione. Con un attenzione maggiore al «post» più che al «pre», cioè con la pastorale «post-battesimale».

«Nella sua idea di Chiesa come "ospedale da campo" - ha detto ancora don Mazzanti a Radio Vaticana - Francesco è convinto che "i sacramenti sono per la vita degli uomini e delle donne così come sono". Non vuole umiliare la prassi sacramentaria normale ma vivere questa attenzione alle situazioni particolari. In generale possiamo dire che, anche se accade, un sacerdote non potrebbe rifiutarsi di amministrare un sacramento. I sacramenti sono per le persone. Un sacerdote non può arrogarsi il potere discriminante di decidere o meno. Deve valutare se ci siano le condizioni, per così dire, minime iniziali e però non può negare in assoluto il dono del sacramento alle persone che lo chiedono. È chiaro che è tenuto a un minimo di discernimento, non si può amministrare un sacramento a caso, al primo venuto. Ma dove viene espresso un desiderio sincero e la volontà di riceverlo, bisogna saper cogliere questa richiesta di vivere nel profondo il mistero del sacramento».

Nessun commento:

Posta un commento