Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

martedì 4 marzo 2014

Sono parole forti, ma credo, condivisibili

Da La Bussola Quotidiana


Re Filippo del Belgio
Ma Filippo, Re del Belgio, immemore del suo munus e degli oneri che questo comporta ha apposto la propria firma alla legge che estende l’eutanasia anche ai minori, senza limiti di età, legge approvata dal Parlamento il 13 Febbraio scorso. 
A nulla sono valse le 210mila firme raccolte da ogni angolo del pianeta e a lui indirizzate perché negasse il proprio assenso e facesse scudo con la sua corona ai figli del suo popolo. Duecentodiecimila firme per fermarne una sola. Firme raccolte non perché si pensasse veramente che senza l’approvazione del monarca quella legge non sarebbe passata, ma perché il “No” di Filippo avrebbe incarnato il “No” di centinaia di migliaia di cittadini che non si riconoscono in quel Belgio che ha assunto le sembianze di Erode. Quel “No” avrebbe significato che al di sopra di maggioranze parlamentari e calcoli politici vale ben di più la parola di uno solo, proprio perché Re. 
Questa è l’importanza di un monarca in fondo. E’ il simbolo della coscienza buona di una nazione, del coraggio di chi appartiene ad un nobile lignaggio e non arretra di fronte al nemico per buttarsi tra le braccia del realismo politico, ma affronta sfide impossibili e già perse in partenza conscio che la vera battaglia si gioca sul terreno della giustizia. Conscio che si può essere sconfitti nella aule parlamentari, ma trionfare nei cuori dei propri sudditi. Una figura, quella del monarca, che non è prima di tutto istituzionale, bensì di carattere trascendente perché i suoi gesti dovrebbero rimandare ad ideali più alti, così eccelsi che il compromesso politico non potrebbe mai intaccarli perché irraggiungibili.
Filippo ha invece rinunciato a queste sue prerogative e nonostante avesse reso noto la sua personale contrarietà a questa legge ha firmato la condanna a morte di chissà quanti suoi futuri cittadini. Lo ha fatto per ragion di Stato,  perché – così si commenta – il suo rifiuto avrebbe incrinato l’unità del Paese, l’unità tra fiamminghi e valloni. Una ragion di Stato che ha perso il senno. Thomas Mann ne “La montagna incantata” così descrive invece il ruolo dello Stato nel legiferare sull’eutanasia: “Tracciando criticamente le frontiere della ragione, la saggezza legislativa ha issato su queste frontiere la bandiera della vita e proclamato che l’uomo ha il dovere militare di servirla”. 
Il lemma “Re” deriva dal latino regere, reggere. Filippo non ha retto alle pressioni politiche e si è schierato, lui forte del suo prestigio, con i più forti a danno dei più deboli, si è schierato oltre quelle frontiere della vita che nessun Parlamento e nessun Re dovrebbero mai oltrepassare ma solo servire, come ricordava Mann.
Un atto di tradimento dunque all’appartenenza alla Chiesa cattolica e in particolare alla fiducia che i suoi vescovi gli avevano espresso, alla nazione e alla sue radici cristiane. Ma un atto di tradimento anche alla memoria di suo zio Baldovino che rinunciò al trono per un giorno al fine di non firmare la legge sull’aborto. Però Re Baldovino mai come in quel giorno in cui abdicò, fu davvero Re. E di converso Re Filippo mai come due giorni fa in cui firmò questa legge assassina fu davvero poco o per nulla Re.

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