Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

lunedì 17 agosto 2015

Mangiate e bevete



XX DOM. T.O.

 In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi” (Gv 6,53). I termini greci
con i quali si traducono le parole di Gesù, sono molto forti: phagete – sarka – trogon; li abbiamo nell’orecchio, perché vi sono diverse parole in italiano che derivano da essi: fagocitare, sarcofago, sarcoma. Sono espressioni che indicano realtà molto concrete, carnali.
      Più avanti Gesù dirà parole diverse, ma che esprimono sostanzialmente la stessa identica verità: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, questi porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5). Gesù mette fuori gioco ogni tipo di relazione, con Lui, puramente intellettuale, astratta, teorica, superficiale. Gesù sbarra la strada a ogni forma di tiepidezza: “Mi è nota la tua condotta: che cioè non sei né freddo né caldo; oh, se tu fossi freddo o caldo! Ma così, poiché tu sei tiepido, cioè né caldo né freddo, io sono sul punto di vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15s); “Porti il nome di vivente e invece sei morto” (Ap 3,1).
     Ci sono diversi modi per stare in relazione con le persone.
     Tutti noi abbiamo dei conoscenti che, volentieri salutiamo quando li incontriamo per strada o lungo le scale del condominio; la nostra vita però scorre indipendentemente da loro: non ci mancano se non li vediamo; non incidono minimamente sulla nostra esistenza.
     Ci sono poi persone con le quali abbiamo rapporti più profondi, perché hanno uno spazio più importante nelle nostre vite – pensiamo ai colleghi di lavoro; ai compagni di scuola; ai membri della comunità parrocchiale ecc … -; anche queste persone però, una volta chiusa la porta di casa, spesso rimangono fuori. Non fanno parte della nostra vita più intima.
     Infine ci sono coloro che ci sono talmente essenziali che, la loro assenza può addirittura trasformare l’esistenza in un cammino faticoso, se non, almeno apparentemente, impossibile: i familiari; gli amici veri; l’accompagnatore spirituale ecc …
     E’ evidente che dal tipo di relazione, si comprende l’importanza delle persone. Noi sappiamo per chi siamo importanti, proprio dal tipo di relazione che hanno con noi. Quando una persona non ci cerca mai, non è vero che siamo importanti per essa.
     Lo stesso può dirsi del modo di stare con Dio. Egli può essere percepito come coloro che si conoscono di vista, ma che in nessun modo incidono nella vita personale. Proviamo a pensare ai periodi delle nostra storia, nei quali ci siamo accontentati di preghiere fugaci; a chi dice di essere credente, ma non praticante. Tutti questi atteggiamenti sono accomunati dal non bisogno di stare con Dio in maniera profonda e continuativa.
     Dio può anche essere percepito come coloro che sono certamente più importanti, ma che, una volta entrati nella vita più intima, non trovano spazio. Questo avviene quando, pur essendo praticanti, magari senza saltare una Messa di precetto, in realtà al Signore non è concesso di poter incidere sulle scelte concrete della vita; quando sappiamo che Dio ci chiede di vivere in un certo modo, ma noi scegliamo di seguire stili alternativi o contrari. Potremmo tradurre questo stile con il motto: “Gesù dice … ma io dico”.
     Infine Dio può essere sentito come coloro senza i quali è difficile vivere. C’è un salmo nel quale il Salmista dice: “Se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa”, ossia se Tu non mi parli, io muoio; Tu o Signore, mi sei essenziale. Il Salmo di queste persone è quello che recita: “Come la cerva anela ai corsi delle acque, così l’anima mia anela a Te o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente” (Salmo 42,2s).
     Gesù ci dice oggi che non vuole stare nelle prime due categorie. Ancor di più, però, Egli specifica che un rapporto con Lui che non sia profondo, rischia di non comunicare vita. Una forma di religione, che non si trasforma in relazione, non riesce a incidere nell’esistenza.
     Come “mangiare” la carne e “bere” il sangue di nostro Signore?
-          Pregando molto, pur tenendo conto delle diverse condizioni di vita. Senza preghiera l’anima soffoca e Dio rimane un estraneo; 
-          Vivendo l’Eucaristia – dove realmente si mangia la carne di Dio – in maniera profonda; permettendo al Signore di toccarci in profondità attraverso di Essa;
-          Leggendo e meditando la Parola di Dio. E’ vero che molti hanno poco tempo, ma se il desiderio di vita è profondo, vedrete che troveremo il modo per farle. Allora il Signore cesserà di essere un piacevole conoscente, per diventare carne della nostra carne e la nostra vita cambierà in meglio.

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