Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 31 gennaio 2016

Mandaci profeti



IV DOM. T.O.

     Lo Spirito del Signore … mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai poveri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi” (Lc 4,18ss); a questa affermazione rivoluzionaria Gesù aggiunge la consapevolezza che la sua gente, in gran parte, non sarà disponibile ad accoglierLo a lasciarsi risanare da Lui.
     Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno” (4,28); i suoi ascoltatori si sono sentiti offesi, perché sanno di appartenere al popolo eletto, ma in realtà, con il loro comportamento hanno pienamente confermato quanto Gesù ha appena detto; infatti hanno deciso di portarlo fuori città e ucciderlo.

     Siamo agli inizi della vita pubblica di Gesù, ma già deve assaggiare ciò che lo attende.  
     Sono duemila anni che una parte dell’umanità si impegna in tutti i modi per portare Cristo, luce del mondo, fuori dalla città per ucciderlo, però Gesù, vero uomo e vero Dio, sempre è passato “in mezzo a loro”.
     Perché tanto odio verso Gesù?
     Proprio perché vuole strappare l’uomo dalla cecità, dall’oppressione, dalla schiavitù per le forze del male si oppongono con tutti i mezzi a disposizione.
     Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati” (Salmo 124,7). L’umanità, grazie a Gesù non è più prigioniera; noi siamo liberi. Il maligno però costantemente ci vuole riattirare verso la gabbia. Pensateci bene: se fossimo ancora suoi, non avrebbe bisogno di tentarci al male, semplicemente ci ordinerebbe di fare quello che vuole e noi obbediremmo. Egli fa con noi, come noi facciamo con le trappole per topi: mettiamo dentro qualcosa che faccia avvicinare, prima di colpire.
     Proprio per questo Dio continua a mandare profeti, uomini e donne che ci mettano in guardia, ci aiutano a stare lontano dalle trappole allettanti.
     Chi sono i profeti? Quali segni ci permettono di riconoscerli?
     Innanzitutto il profeta non si autoproclama tale, è solo Dio che sceglie alcuni e li manda: “Io ti ho stabilito profeta” (Ger 1,5). Essi forse nemmeno sanno di essere tanto importanti; semplicemente sentono di avere una parola che li invade e che non possono tacere: “nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20,9).
     I profeti non sono da ricercare necessariamente tra le persone eccezionali; spesso Dio ha chiamato a questo ruolo persone inadeguate, almeno secondo il metro umano – lo stesso Geremia riconosce di essere troppo giovane, per un ruolo così importante -.
     Non sono nemmeno supereroi, senza nessuna paura. Eccome se hanno paura - del resto Gesù stesso ha sudato sangue nell’attesa della passione -. Geremia, a un certo punto, avrebbe voluto gettare la spugna, proprio perché le fatiche, le offese e i rischi stavano diventando troppo opprimenti.
     Dio non promette loro sicurezza e incolumità: anzi. Ascoltiamo le parole di Dio: “Non avere paura di fronte a loro, perché io sono con te” (Ger 4,7). Papa Benedetto XVI già all’inizio del suo ministero disse: “Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi” (Omelia per l’assunzione del Ministero Petrino, 24 aprile 2005). La paura li fa tremare e piangere i profeti, ma non riesce a bloccarli.
     Ciò che è fondamentale, affinché uno possa essere davvero profeta, è che dica le parole di Dio: “Tu andrai … e dirai tutto quello che ti ordinerò” (4,6). Il profeta non dice ciò che il popolo vuole sentirsi dire; non si preoccupa del politicamente corretto. Dio stesso ha detto a Geremia: “Io metto le mie parole sulla tua bocca … per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare” (Ger 4,10). Il profeta è come il medico, non può nascondere la natura del male al proprio paziente; il suo scopo non è consolare, illudendo, ma curare e guarire. Ci possono essere parole che fanno male, all’inizio, ma che sono necessarie, per ricostruire.
      Nella stessa omelia per l’inizio del suo ministero, papa Benedetto ha detto: “Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire le mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.
     Non dimentichiamo che, tutti noi battezzati siamo popolo profetico. Oltre ad alcuni specificamente chiamati, Dio affida a tutta la Chiesa il compito di ascoltare e dire la Parola di Dio.

Nessun commento:

Posta un commento