SS. TRINITA’
“I miei pensieri non sono i
vostri pensieri e le mie vie non sono le vostre vie … Quanto il cielo sovrasta
la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano
i vostri pensieri” (Is 55,8s). Ci siamo illusi di essere in grado da soli,
magari attraverso la scienza,
di poter conoscere la verità in maniera certa; in
realtà non è così o meglio, non è solo così. La scienza è una via
importantissima, che ci concede di avanzare nella conoscenza, ma non è il
metodo sufficiente per sapere tutto: “l’uomo
lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono
follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare
per mezzo dello Spirito” (1Cor 2,14). Con Dio non siamo noi i primi protagonisti; non è la
nostra intelligenza, la sperimentazione o l’osservazione dei fenomeni che ci
permette di avanzare, abbiamo bisogno di aiuto. Questo non significa che il
nostro ragionare sia inutile – tutt’altro -, ma non è sufficiente; anzi, se isolato,
invece di condurci alla mèta, ci porta fuori strada.
Dio è “democratico: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”
(Mt 11,25).
Scrive il monaco Evagrio
Pontico (345-399): “Se sei teologo
pregherai veramente, e se preghi veramente sei teologo” (Trattato sulla
preghiera, 60). Quando si pensa al mistero, lo si intende quasi come una
stanza impenetrabile, in realtà nel mistero di Dio si può entrare, ma
attraverso la porta della contemplazione. Per questo scrive ancora Evagrio: “Se desideri pregare, non fare nulla di ciò
che è in antitesi con la preghiera, perché Dio, accostandosi a te, si faccia
tuo compagno di viaggio” (65).
“Molte cose ho ancora da
dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso” (Gv 16,12). Al momento in cui Gesù parla, ci sono
cose che gli Apostoli non sono in grado di capire: Dio attende. In tutta la
storia, Dio si rivela paziente, sa aspettare e rispettare i tempi degli uomini,
anche perché, come dice il Salmo, per lui mille anni sono “come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella
notte”. Egli ci prende per mano e ci accompagna, senza violentare la nostra
umanità.
Don Tonino Bello in una sua predica
scrive, citando a sua volta un sacerdote suo amico: “Io ai miei zingari sai come spiego il
mistero di un solo Dio in tre Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché
così fanno tre. Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno.
In Dio, cioè, non c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra
ancora. In Dio ogni Persona vive per l’altra. … questo è uno specie
di marchio di famiglia. Una forma di ‘carattere ereditario’ così dominante
in ‘casa Trinità’ che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si è
manifestato come l’uomo per gli altri”.
Tutto questo significa chiaramente che,
individualismo, egoismo ed egocentrismo non sono atteggiamenti cristiani,
perché contraddicono l’immagine di Dio che è in noi. Se noi siamo esseri
strutturalmente relazionali, ciò significa che, mancando relazioni profonde,
non possiamo essere persone complete.
Quando parlo di relazioni, non intendo
certo incontri occasionali, che bene o male tutte le persone normali hanno,
fosse anche solo coi colleghi d’ufficio o con i negozianti; intendo relazioni
che hanno per modello la Trinità, per cui l’altro è il mio completamento, la
mia ricchezza, il destinatario del mio amore e del mio rispetto.
Capite allora che la Trinità diventa così
modello di ogni aggregazione sociale: la famiglia, la Chiesa, la società
stessa.
Venisse il giorno in cui la Chiesa non
fosse più semplicemente una somma di individui, ma una comunione di vita. Qui
mi rivolgo soprattutto a coloro che sono contenti della loro fede, vissuta
personalmente, nel proprio angolo e senza un reale impegno ecclesiale.
La comunione, che va costruita, non
significa uniformità, tutti uguali; questo è quanto chiede un certo tipo di
società, che ci vuole vestiti allo stesso modo e sostenitori del pensiero
dominante. Comunione nella diversità, questa è la Trinità. La diversità è
ricchezza, l’uniformità è grigiore.
La comunione è apertura; là dove c’è
amore, non può esserci chiusura e preclusione all’altro. Capiamo perché la
Trinità ha creato l’uomo; l’amore ha bisogno di diffondersi e Dio voleva
rendere partecipe la creazione del suo amore. Scrive ancora don Tonino: “Stiamo
diventando corazze. Più che luoghi d’incontro, siamo spesso piccoli centri di
scomunica reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del
crocicchio. L’isola sperduta, più dell’arcipelago. Il ripiegamento nel
guscio, più della esposizione al sole della comunione e al vento della
solidarietà. … E l’altro, lo vediamo più come limite del nostro
essere, che come soglia dove cominciamo a esistere veramente”.
La Trinità ci metta in discussione.
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