Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 4 giugno 2016

Donami la vita Signore



X DOM. T.O.

           Oggi siamo testimoni di tre resurrezioni. No, non mi sono confuso
; la Parola di Dio ci rende partecipi di tre passaggi dalla morte alla vita. So che ci interessano soprattutto due di questi, ma in realtà il terzo è importantissimo, anzi oserei quasi dire che è il più importante. Non per niente durante il Suo ministero pubblico, il Signore ha compiuto “solo” tre resurrezioni (la figlia di Giairo, il figlio della vedova di Nain e l’amico Lazzaro).
     Gesù non può illuderci; non ci nasconde che dovremo necessariamente lasciarci raggiungere dalla morte nostra e dei nostri cari, che dovremo imparare a convivere con essa, lasciando che  lo Spirito Santo ce la mostri per quello che è: separazione, ma temporanea; passaggio da questa vita alla vita piena. Guardata con gli occhi delle fede, la morte rimarrà inevitabile causa delle nostre lacrime e di un dolore che può diventare lancinante, ma  lascerà, presto o tardi, spazio a una serena speranza.
     Lewis, nel raccontare il suo straziante dolore per la morte della moglie, dopo lunghe pagine arriva a scrivere: “Forse, quando nell’anima non hai nulla se non un grido di aiuto, è proprio allora che Dio non può soccorrerti: sei come uno che annaspa e si aggrappa alla cieca. Forse le tue stesse grida ti rendono sordo alla voce che speravi di sentire” (C. S. Lewis, Diario di un dolore, Adelphi 54).
     Abbiamo il diritto di chiedere a Dio Padre di guarirci e di guarire coloro che amiamo; possiamo chiedere e sperare anche il ritorno alla vita di chi ci è caro: “Nulla è impossibile a Dio”, ma soprattutto dobbiamo lasciarci guardare con compassione dal Signore e permettergli di asciugare le nostre lacrime, in modo da poter guardare la morte con occhi diversi. Lewis scrive: “E’ impossibile vedere bene quando gli occhi sono offuscati dalle lacrime”.
     Vi dicevo però che c’è una terza resurrezione, quella di San Paolo. Egli era un uomo duro, violento, tanto attaccato alla propria visione di fede, da scatenare una vera e propria caccia a danno dei cristiani. Lui stesso racconta di sé dicendo: “Perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei” (Gal 1,14). Questo stesso uomo è diventato un instancabile portatore del Vangelo di Cristo, perché da Cristo si è lasciato trasformare il cuore fino a dire: “Non son più io che vivo, ma Cristo vie in me”.
     Ecco allora che possiamo guardare con occhi diversi anche la resurrezione del figlio della vedova; in lei  possiamo riconoscere la Madre Chiesa, rattristata per la morte spirituale di tanti suoi figli; costretta a vederli morire senza poter far nulla, perché da essi stessi impedita. Scrive sant’Agostino: “Della risurrezione di quel giovanetto si rallegrò la madre vedova; della risurrezione spirituale d'ogni giorno di tante persone si rallegra la madre Chiesa. Quello era morto fisicamente, quelle invece erano morte spiritualmente. La morte visibile del giovanetto era pianta in modo visibile; quanto alla morte di quelle persone invece né ci si pensava, né si vedeva (Discorso 98).
     Vi leggo ora la bellissima interpretazione che Agostino fa della resurrezione di Lazzaro, paragonandola alla morte spirituale dovuta al peccato: “Di Lazzaro è detto: È morto da quattro giorni. … Il primo stadio è - per così dire - il solletico del piacere nel cuore, il secondo è il consenso, il terzo è l'atto compiuto, il quarto è l'abitudine. Ora, ci sono alcuni che respingono assolutamente le cose illecite che si presentano al loro pensiero, in modo da non sentire neppure il piacere iniziale. Ci sono alcuni che ne provano piacere e non vi acconsentono; non è ancora una morte completa, ma in certo qual modo incominciata. Se alla compiacenza si aggiunge il consenso, già si commette una colpa. Dopo il consenso si arriva all'azione; le azioni ripetute si cambiano in abitudine e allora si ha una certa disperazione in modo che si dica: È morto da quattro giorni, ormai puzza(Ibid.).
     Ascoltiamo ora le parole di consolazione del santo Vescovo: “Se il peccato è ancora solo concepito nel cuore e non è giunto all'atto, l'uomo si penta, venga corretto il pensiero, il morto risorga nella casa della propria coscienza. Se invece uno ha già commesso il peccato concepito nel pensiero, nemmeno in questo caso si deve disperare. Se il morto non è risorto nell'interno della coscienza, risorga quando viene portato al sepolcro. Si penta del peccato commesso, torni a vivere al più presto; non vada a finire nel profondo della tomba; non riceva al di sopra di sé il macigno dell'abitudine. Forse però parlo a uno ch'è già oppresso dalla rigida pietra della propria abitudine, ch'è già oppresso dal peso dell'abitudine, ch'è già morto da quattro giorni e già emana cattivo odore. Ma non deve disperare nemmeno lui; egli è, sì, caduto molto in basso e morto, ma ben alto è il Cristo. Egli con il suo grido è capace di rompere i pesi terreni, è capace di ridare la vita all'anima da se stesso e consegnare il risuscitato ai discepoli perché lo sciolgano. Anche persone di tal genere facciano penitenza. Poiché non è che dopo la risurrezione di Lazzaro, da quattro giorni nel sepolcro, non fosse rimasto in lui tornato alla vita alcun cattivo odore. Coloro dunque che vivono, continuino a vivere; quelli che invece sono morti, in qualunque di queste tre specie di morte si trovino, facciano in modo da risorgere al più presto” (Ibid.).


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