Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 18 giugno 2016

Il navigatore?



XII DOM. T.O.

     “Tu sei il Cristo di Dio”; questo significa che Gesù di Nazareth è Colui che Dio ha consacrato per salvare l’umanità. Possiamo fare un paragone ardito, pensando a una epidemia o peggio ancora a una pandemia, per la quale esiste un unico vaccino: Gesù è l’unica speranza di salvezza.

     Se almeno noi Cristiani ne fossimo pienamente coscienti! Faremmo realmente di tutto affinché Cristo raggiungesse ogni uomo. Quando infatti si ha la vera soluzione, non si perde tempo con i palliativi o, peggio ancora, con ciò che aggrava il male.
     La malattia mortale dell’uomo, Gesù l’ha sconfitta morendo. Stando al paragone precedente, per sconfiggere il virus, Gesù si è lasciato inoculare dentro il male: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, non porta frutto”.
Allora è la sofferenza che dobbiamo cercare? È con essa che si risana il mondo?
No; Gesù non ha amato la sofferenza, ma l’ha accolta perché era il modo più efficace per manifestare il suo amore e per realizzare il piano divino. La sofferenza di Gesù è conseguenza dell’amore.
     Solo guardando la croce si può dire chi è Gesù e solo guardando Gesù, si può contemplare il volto di Dio. Egli è per me e per te, non contro di noi – è davvero l’Emmanuele -. Egli è un Dio che non trattiene niente per sé, pur di salvare me e te. 
     Dio però non è come un prezioso mobile antico che si tiene in casa per goderne la vista e farlo vedere agli amici, Egli è una persona che richiede una presa di posizione. Non ci consente di stare fermi, ma ci chiede di seguirlo, di andare dove Lui ci propone e ci precede. Non per niente Gesù si definisce Via.
     Andare con il Signore ha delle precondizioni: rinnegare se stessi, prendere la croce.
     Ancora una volta abbiamo una parola che rischia di essere ambigua, soprattutto per la cultura dominante che vuole la piena libertà di ognuno di realizzare ogni desiderio, indipendentemente dalla sua bontà.
     Rinnegarsi, non significa buttarsi via; considerarsi nulla, ma fidarsi. Il rinnegamento in realtà, è una ovvia conseguenza della fede; se mi fido di Dio, metterò da parte le mie convinzioni i miei progetti, per portare avanti ciò che Lui mi chiede. Molti di noi usano il navigatore per raggiungere luoghi sconosciuti invece di una adeguata cartina stradale; quante volte capita di finire completamente fuori strada, perché ci affidiamo senza riflettere a questo strumento e facciamo prevalere le sue indicazioni. Spesso noi ci sentiamo di seguire un navigatore fatto di nostre idee, di suggerimenti altrui, di pensiero comune, invece di fidarci del Cristo.
     Il rinnegamento è la logica conseguenza anche dell’amore, persino nelle relazioni umane; chi ama, mette avanti l’altro e rinuncia a qualcosa di sé per il bene dell’amato.
     C’è però anche il rinnegamento del proprio passato di peccato. Andare con Gesù non significa essere perfetti – cosa per altro impossibile -, ma scegliere la via della lotta contro il male, cercando di non scendere a patti con esso.
     Il peccato, a maggior ragione se è grave e duraturo, diventa come un enorme peso che impedisce di camminare liberamente. Proviamo a pensare a chi è chiamato alla fedeltà, ma è portato altrove da una passione bruciante; se non saprà scegliere, sarà attratto da chi ha più forza.
     Gesù poi ci invita a prendere la croce. Ancora una volta, ripeto che non ci dice di amare la croce. Gesù, per esperienza personale, sa quanto è faticoso soffrire nel corpo e nello spirito, ma ci chiede di non lasciarci dominare dalla croce. Vuole che essa non abbia la forza di fermarci, lo sa che può rallentarci e a volte darci la voglia di fuggire, ma Egli ci esorta a continuare ad andare fiduciosi con Lui.

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