Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 2 luglio 2016

Come agnelli in mezzo ai lupi



XIV DOM. T.O.

     Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Lc 9,36). Siamo costantemente sotto lo sguardo attento di Nostro Signore; Egli non  aspetta i nostri sbagli per punirci, ma, come un Padre attento, desidera custodirci e soccorrerci nei pericoli e nelle difficoltà. Proprio da questo sguardo nasce la compassione di Gesù; guardando in profondità nel cuore delle gente incontrata, Egli si è accorge che ha bisogno di aiuto, è disorientata e affaticata.
     Oggi Gesù ci insegna a guardare il mondo con i suoi occhi; a contemplarlo con compassione e non con uno sterile giudizio. Il giudizio infatti fotografa la realtà, ma la compassione ne cerca la cura. Egli non condanna la stanchezza della sua gente, ma si pone il problema di come aiutarla a camminare verso i pascoli freschi.
     Gesù invia settantadue discepoli lungo le strade, affinché guardino gli uomini con gli occhi di Dio e portino loro il Vangelo, unica risposta alle loro attese. Dio ha promesso: “Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò” (Is 66,13). I Dodici apostoli e questi altri sono la risposta concreta di Dio. Egli manda persone in suo nome, per risanare le ferite dell’umanità. Dio vuole avere bisogno di collaboratori: ha “bisogno” di me e di te.
     Non è un’operazione semplice. Quanti ammalati rifiutano la cura del medico, perché credono di essere sani o di conoscere una cura più efficace? Così troppa umanità non è consapevole di essere malata; è si, stanca e sfinita, ma non sa perché e cerca la pace laddove non può trovarla. Dice il Signore: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?” (Is 55,2). Molti rifiutano la Parola del Vangelo, perché non sanno di averne bisogno o addirittura la considerano capace di peggiorare la loro situazione. C’è poi la Tenebra che non vuole perdere le sue vittime e si oppone con ogni mezzo ai portatori di Luce: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto” (Gv 1,9s).
   Il Vangelo  non è puramente una parola da dire, ma una vita da vivere. E’ l’esistenza dei missionari che rende desideroso conoscere il Vangelo. Quando ci trovano più liberi, più vivi, sereni, più forti nelle avversità, compassionevoli, capaci di guardare la realtà con una profondità sconosciuta, allora il Vangelo diventa una provocazione, una possibile soluzione. Avviene come quando un ammalato scopre una cura nuova che lo ha lentamente guarito; chiaramente chi è affetto dalla stessa malattia, non può che chiedergli come ha fatto, da chi è andato, che farmaci ha preso.
     L’annuncio del Vangelo era urgente ai tempi di Gesù, ma è altrettanto urgente oggi. I Dodici e i Settantadue si sono moltiplicati, ma la fame e la sete dell’umanità non si sono estinte. Dio vuole ancora che tu e io, insieme, viviamo una vita evangelica capace di provocare chi ci sta intorno e annunciamo il Vangelo. Desidera che la logica risanatrice del Vangelo raggiunga tutti gli spazi di vita. Io lo porterò lungo le strade che percorro e tu per altre vie della storia. Non faremo e non diremo tutti la stessa cosa, perché ognuno di noi è diverso per doni e carismi, ma tutti porteremo l’unico Vangelo di salvezza.
     Non dire: “Io non sono adeguato, io non ho studiato; sono vecchio; sono troppo giovane; non ho doni particolari ecc …”, ma: “Signore sono a tua disposizione, fa di me ciò che vuoi, anche se sono inadeguato”.

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