XVIII DOM. T.O.
Quando si parla di denaro e ricchezza, si rischia facilmente di fare
discorsi manichei che, li condannano in maniera superficiale e indiscriminata.
Certo, Gesù stesso ci ha messi in guardia, perché ha detto: “Quanto è difficile per quelli che possiedono
ricchezze,
entrare nel Regno di Dio! … E’ più facile che un cammello passi per
la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio!” (Mc 10,25s), però
stiamo attenti, perché non ha detto che è impossibile, ma “difficile”. Del
resto non è sufficiente essere poveri per entrare nel Regno di Dio.
Perché Gesù parla della ricchezza come ostacolo alla redenzione?
Perché i beni materiali portano con
sé il rischio di diventare fine invece
di essere un mezzo per vivere e aiutare a vivere dignitosamente. Più cose si
possiedono e più il rischio cresce e, porta con sé la paura dell’altro, da cui
difendersi. Lo aveva capito molto bene san Francesco, nato e cresciuto in un
tempo in cui il denaro stava diventando il nuovo strumento di potere. Egli
aveva compreso, agli albori della società “economica”, quale demone può diventare
il denaro, per questo decise di starne alla larga in maniera assoluta.
In realtà il denaro e i beni materiali sono strumenti e il loro valore
morale lo dà il modo in cui se ne fa uso. Del resto un coltello è uno strumento
buono o cattivo? Se mi serve per tagliare le corde e liberare un prigioniero, è
ottimo, ma se mi serve per tagliare la gola a un povero prete mentre celebra l’Eucaristia
è un’arma del demonio. Il denaro, del quale Gesù stesso faceva uso, può essere
strumento di vita per tanti, come arma diabolica.
Il vero problema del denaro è che ha a che fare con il I° Comandamento: “Non avrai altro dio al fuori di me”;
esso può occupare il cuore dell’uomo e infestarlo come fa la gramigna in un
prato. Alla lunga la parte buona viene soffocata dalla bramosia di possesso,
dall’avarizia, la mancanza di etica ecc … e muore. Dove il cuore è occupato,
Dio non ha spazio “perché, dov’è il tuo
tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21).
Gesù però fa emergere un altro problema, a partire dalle parole dell’uomo
ricco. Quale? Il fatto che egli sia convinto di poter disporre liberamente del
suo tempo, di essere signore della sua vita. Forse crede che, grazie al suo
denaro potrà decidere della sua esistenza. In realtà come scrive il Salmista: “Essi confidano nella loro forza, si vantano
della loro grande ricchezza. L’uomo non può riscattare se stesso né pagare a
Dio il proprio prezzo. … Vedrai infatti morire i sapienti; periranno insieme lo
stolto e l’insensato e lasceranno ad altri le loro ricchezze. Il sepolcro sarà
loro eterna dimora … Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore
la morte; scenderanno a precipizio nel sepolcro” (Salmo 48,7ss). La
ricchezza rischia di far perdere il senso della propria limitatezza. Il
Salmista scrive ancora: “L’uomo nella
prosperità non comprende”.
L’incontro con Dio genera verità, perché ci fa conoscere la realtà per
quello che è, non per quello che pensiamo che sia e ci insegna a relativizzare
ciò che è relativo. Spendere la vita per ciò che è relativo, è come passare l’esistenza
a riempire d’acqua una vasca bucata e illuderci di essere padroni di noi
stessi, ci fa solo perdere tempo prezioso. Con il Salmista Ti diciamo Signore: “Insegnaci a contare i nostri giorni e
giungeremo alla sapienza del cuore”.
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