Dal greco ápotos, cioè "coloro che non se la bevono", è un termine colto per definire un'umanità disincantata che non crede nell'apparenza ma vuole ricercare la verità.
Giuseppe Prezzolini è un intellettuale dell’inizio del XX secolo, appartenne a quello spezzone della cultura laica sicuramente a-religioso, ma non anti-religioso, che percepì il proprio agnosticismo come un limite, ancorché accettato e metabolizzato. Nel 1922/1923, egli ideò una cosa chiamata la Congregazione degli Apoti: «oggi», scriveva, «tutto è accettato dalle folle: il documento falso, la leggenda grossolana, la superstizione primitiva vengono ricevute senza esame, a occhi chiusi, e proposte come rimedio materiale e spirituale. E quanti dei capi hanno per aperto programma la schiavitù dello spirito come rimedio agli stanchi, come rifugio ai disperati, come sanatutto ai politici, come calmante agli esasperati. Noi potremmo chiamarci la Congregazione degli Apoti, di “coloro che non le bevono” tanto non solo l’abitudine ma la generale volontà di berle, è evidente e manifesta ovunque…. ». Si trattava, dunque, di coloro che non si lasciavano sedurre dal pensiero dominante, dai luoghi comuni subiti passivamente, da ciò che oggi chiameremmo lavaggio del cervello mediatico, dalla falsificazione della realtà e dall’adesione alla falsità. Insomma, tutti coloro che non si lasciavano prendere in giro dai “potenti” o dai “furbi”, e che si ostinavano a voler considerare le cose come stanno, e non come pure ci farebbe piacere – o comodo – che stessero.
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