Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 27 agosto 2017

I miei pensieri non sono i vostri pensieri



XXI DOM. T.O.

     “(Gesù) ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che Egli era il Cristo” (Mt 16,20); scendendo dal monte, dopo la Trasfigurazione, il Signore dice ai suoi: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti» (Mt 17,9). Ci stupisce questo atteggiamento di Gesù; non dovrebbe spingere gli Apostoli a correre ovunque a gridare ciò che hanno visto? Il compito degli Apostoli non è di essere messaggeri della verità portata da Cristo?

     E’ proprio così! Apostolo, si traduce infatti “inviato”. Il problema è che a Gesù non basta che si vada  a dire qualcosa. Egli sa bene che i Suoi Apostoli, non hanno ancora capito quasi nulla di Lui. Lo stesso Pietro, Gesù lo chiama “«figlio di Giona»”. “Figlio”, nella cultura ebraica non indica soltanto chi è nato da qualcuno, ma chi gli assomiglia nel comportamento. Giona è l’unico tra i profeti dell’Antico Testamento che ha fatto esattamente il contrario di quello che il Signore gli aveva comandato. Infatti il Signore gli aveva detto: “Giona, vai a Ninive a predicare la conversione
altrimenti io la distruggo” e Giona fece il contrario. Ben presto Pietro sarà definito “Satana” dal Signore. Perché? Perché “pensa secondo gli uomini e non secondo Dio” (Mt 16,23). In cosa sta il suo errore? Nel non  ammettere che Gesù possa soffrire. Pietro ha in mente un’idea ben precisa del Messia; lo crede potente e vittorioso, altro che debole.
      Il problema è che noi tendiamo a proiettare sulla realtà che sta intorno a noi le idee, convinzioni che portiamo dentro e che sono frutto della nostra cultura, esperienze, codice genetico ecc … Noi misuriamo le cose e le persone a partire dal metro che portiamo in tasca.
     Faccio un esempio molto semplice: durante la chemioterapia, mia madre diceva che tutti i cibi che mangiava, avevano il gusto della liquirizia. E’ chiaro, il problema non stava nel cibo, ma nelle sue papille gustative, trasformate dalla cura.  
     Non stando attenti, rischiamo di non conoscere in profondità ciò che ci sta attorno. Con Dio e la fede, corriamo lo stesso rischio e le conseguenze sono altrettanto gravi. Chiede Gesù: “La gente chi dice che io sia?”, a seconda della risposta cambiano molto le cose. Tutte le risposte date, guardano indietro; nonostante la predicazione di Gesù è i segni compiuti da Lui, ancora non è stata percepita la Sua novità.
     Per uscire da questo circolo vizioso, Gesù indica la via: “Beato te … perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,17). Gesù gli sta dicendo che, se ha capito è, perché ha abbandonato per un attimo la sua autonomia e ha permesso a Dio Padre di fargli vedere la Verità, oltre i suoi schemi mentali e convinzioni.
     Senza questa esperienza rischiamo di continuare a essere i cristiani del “secondo me” che, annunciano, sì il Cristo, ma quello che ci siamo costruiti con il fai da te. Ci sarà allora il Cristo socialista che ha a cuore solo gli interessi sociali di alcune fasce di popolazione; il Cristo misericordioso che tollera tutto senza battere ciglio; il Cristo duro che ribalta i tavoli dei cambiavalute e non tollera l’eresia; il Cristo che ha sposato la Maddalena; il Cristo che è solo uomo e non Dio; il Cristo che è solo Dio e non uomo ecc … Ognuna di queste visioni ha conseguenze pratiche fortissime.
     Solo dopo la morte e risurrezione, gli Apostoli cominciano a capire e solo dopo, possono andare e annunciare il vero Cristo.
     La Chiesa ha bisogno ancora oggi di una roccia solida su cui poggiare i piedi; non può essere un edificio fondato sulla sabbia delle opinioni personali, delle ricostruzioni filosofiche, ma sulla fede nel Cristo. Questo ci chiama alla responsabilità della ricerca e dell’ascolto. Non possiamo più permetterci di essere, come “fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore”  (Ef 4,14).
     A quest’uomo così debole, Gesù fa una promessa: «E le potenze degli inferi non prevarranno contro di essa». Laddove una comunità è costruita su una fede solida e profonda, le forze negative, le forze della morte, non avranno alcun potere. La storia è lì a dimostrarlo: il male ha vinto alcune battaglie, ma mai la guerra contro Dio. Con il tempo, la tenebra ha sempre dovuto lasciare il passo alla luce, anche quando il buio sembrava avere invaso ogni cosa.

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