Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 2 settembre 2017

Incanta i nostri occhi, Signore



XXII DOM. T.O.

     “Pascur ordinò di fustigare il profeta Geremia e quindi lo fece mettere ai ceppi nella prigione”  (Ger 20,2). Perché?

     Perché il profeta ha avuto il coraggio di dire ciò che ha ascoltato dalla bocca di Dio: “Ecco, io manderò su questa città e su tutte le sue borgate tutto il male che le ho preannunciato, perché essi si sono intestarditi, rifiutandosi di ascoltare le mie parole» (Ger 19,15).
     Agli occhi dei capi di Israele, la colpa del profeta Geremia è quella di dire con troppa chiarezza le conseguenze delle scelte e dei comportamenti del popolo: “La tua condotta e le tue azioni ti hanno causato tutto ciò. Com’è amara la tua malvagità! Ora ti penetra fino al cuore. Le mie viscere, le mie viscere! Sono straziato. Mi scoppia il cuore in petto, mi batte forte; non riesco più a tacere, perché ho udito … il grido di guerra. Si annuncia un disastro dopo l’altro: tutta la terra è devastata” (Ger 4,18ss). Invece di ascoltarlo e fare scelte di cambiamento che interrompano l’arrivo del disastro, preferiscono mettere a tacere Geremia. Essi fanno come coloro che, invece di ascoltare  il medico che ha diagnosticato una malattia e indicato la cura da fare, preferiscono ignorarlo o metterlo a tacere. Se la malattia è seria, non resta che attendere la morte o le dure conseguenze.
     Questa è la sorte dei profeti. Ascoltiamo cosa disse Benedetto XVI all’inizio del Suo ministero come Vescovo di Roma: “Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi (Omelia 24 aprile 2005). Che dire poi dell’attentato subito da San Giovanni Paolo II, l’altro grande profeta del XX secolo? La paura! Anche i profeti hanno paura, perché le botte, gli insulti, il carcere, i proiettili fanno male anche a loro. Il 17 maggio disse: “"Vi ringrazio commosso per le vostre preghiere e tutti vi benedico (…) Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale ho sinceramente perdonato (…) A Te Maria ripeto: ‘Totus tuus ego sum’”. E’ la parola di chi, nonostante tutto, vuole andare avanti sulla strada del Cristo.
     I profeti hanno paura, ma sanno di non poter tacere, innanzitutto perché la parola e gesti che devono compiere, vengono da Dio; da quel fuoco che gli brucia dentro ed è incontenibile, ma anche perché il prezzo del loro silenzio sarebbe troppo alto. Quando una sentinella che vede arrivare il nemico, scappa, invece di dare l’allarme, salva se stessa, ma condanna a morte i suoi concittadini.

     Anche Pietro parla, ma per invitare Gesù a tacere. Il Signore infatti sta annunciando ai Suoi il destino che Lo attende. Simon Pietro non vuole sentire dire queste cose. Certamente vuole bene a Gesù, ed è preoccupato per Lui, ma forse pensa anche che, il loro destino è strettamente legato a quello di Gesù: se muore Lui, a loro cosa succederà?
     Questa vota Gesù mette duramente a tacere il Suo apostolo, perché egli si sta comportando da falso profeta: “Così dice il Signore degli eserciti: «Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore” (Ger 23,16).
     Va’ dietro a me, Satana!”, sono le parole che Gesù ci rivolge ogni volta che invece di seguirLo e di fidarci di Lui, mettiamo avanti noi stessi con le nostre visioni e idee. Non possiamo essere di Cristo ed essere autonomi. Noi cristiani rinunciamo all’autonomia, non perché siamo come delle pecoroni che si lasciano guidare alla cieca, ma perché siamo stati sedotti dalla divina bellezza, perché, anche se siamo peccatori e deboli, sappiamo che nessuno, oltre a Lui, ha parole di vita eterna; perché Egli è la via vera della vita e lontano da Lui rischiamo di allontanarci dalla meta.
     Ti chiediamo Signore di portarci con Te sul monte, per mostrarci la Tua bellezza, così da incantare i nostri occhi e rapire i nostri cuori.  

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