Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 7 aprile 2018

Come i piedi fasciati


II DOM. P.

     In Cina, fino all’inizio del XX secolo, vi era la tradizione di fasciare i piedi delle donne
che, in questo modo venivano artificialmente deformati; più apparivano piccoli e più erano segno di femminilità, ma erano causa di dolori lancinanti e impedivano, per ovvie ragioni,  una vita normale. Per una questione estetica e culturale, la donna veniva snaturata. Oggi a nessuno più verrebbe in mente di torturare i piedi in questo modo; ci sembrerebbe assurdo e barbaro, eppure, tutti noi, siamo i primi a operare contro la nostra natura. Come? Peccando.
      Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi … Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi (1Gv 1,8;10). Bastano queste poche parole dell’evangelista per smascherare l’illusione che nega, di fatto, il peccato; “infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore, che è buono” (GS 13). Laddove c’è uno sguardo profondo, illuminato dalla Grazia, è impossibile vedersi senza peccato. Lo dimostra il fatto che, proprio i Santi, sono grandi penitenti, non perché peggio di noi, ma in quanto, per il loro rapporto speciale con Dio, maturano uno sguardo profondo su stessi e realtà che li circonda. I Santi sono persone che, lasciandosi raggiungere da Dio, hanno realizzato il progetto di Dio sulla natura umana, sono creature riuscite. Come Gesù è l’uomo perfetto, i Santi, sono il riflesso di quella bellezza - per questo ci “piacciono “ tanto -. Se l’uomo non guarda dentro il suo cuore, con uno sguardo illuminato da Dio, rimane un illuso.
     Cos’è questo peccato? “Una diminuzione per l'uomo stesso, in quanto gli impedisce di conseguire la propria pienezza” (GS 13); è ciò che impedisce all’essere umano di compiersi, di maturare, di diventare ciò che deve essere; per questo danneggia l’uomo stesso. Il peccato è una forma di odio per se stessi, è qualcosa di innaturale che, fa male alla nostra natura. Il peccato è un come un virus che, inoculandosi nell'organismo, lo fa stare male. Non per niente uno dei termini  con il quale gli evangelisti indicano il peccato, è amartia che, indica letteralmente direzione sbagliata. Peccare, è sbagliare strada, mancare il bersaglio. Dopo avere disobbedito a Dio, Adamo si nasconde, perché si vergogna della sua nudità (si sta nudi solo quando ci si fida molto di chi si ha davanti e ci si vergogna di come si è) e quando viene cacciato con la donna da Eden, Dio lo riveste di pelli di animale. Possiamo vedere proprio qui, come l’uomo non si conosce più, si vergogna di ciò che è e la sua natura viene rivestita di qualcosa che non gli appartiene.
     Banalizzare il peccato, non riconoscerlo e non combatterlo, significa fare del male a se stessi, così come fasciare i piedi alle donne cinesi. Per questo la Chiesa, come madre che ama, non si stanca di invitarci a lottare contro il peccato, chiamandolo col suo nome e, a trovare i rimedi adeguati.
     E’ evidente che c’è peccato e peccato, non tutto ha lo stesso peso, ma  non va mai preso sotto gamba, perché è sempre qualcosa che danneggia sé e, più o meno direttamente, gli altri.
     In ogni eucaristia diciamo: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”: Cristo ci ha liberati, ma siamo noi ad avere la responsabilità di scegliere se vivere liberi. Dobbiamo prima conoscere la nostra natura e poi combattere ciò che la umilia e la deforma.
     Gesù ha inviato i Suoi discepoli: “come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21); c’è una continuità tra Lui e loro, tra Lui e noi. Il Padre ha mandato il Figlio per lottare contro il peccato e ha chiesto alla Sua Chiesa di continuare a permettergli di farLo.  Dio non è solo il Creatore, ma anche il medico che, non vuole rassegnarsi alla nostra rovina. Il peccato è  più un trauma che un reato, il peccatore più un malato che un malvagio, la penitenza una medicina più che un castigo, la Chiesa un ospedale piuttosto che un tribunale. Gesù è il “medico delle anime e dei corpi” (archìatros), “fontana di medicine”[1].  Per questo scrive Origene: “ Se cerchi la salvezza, vieni ora a Gesù, il medico celeste, entra in questo luogo di cura che è la Sua Chiesa, vedi che qui giace una moltitudine di malati”. [2]
     Il peccato  è stato commesso, non difenderlo, sia espresso nella confessione, non nella difesa. Se ti fai difensore del tuo peccato, sei vinto … Se, commettendo il peccato, dici di non avere fatto niente, non sarai niente e niente riceverai; Dio  è pronto a darti indulgenza; tu non opporgli l’ostacolo della difesa … E’ necessario che l’uomo non copra le sue malefatte … con rattoppi di parole e veli di scuse. Mostra al medico la tua ferita, per poter guarire. Anche se non la mostri, egli la conosce, ma da parte Sua attende di udire la tua voce” (S. Ambrogio,  La penitenza, II 52s).
     Padre Santo, in Gesù ci hai mostrato che la Tua misericordia è senza limiti, non perché il nostro peccato Ti è indifferente e possiamo dire e fare tutto ciò che ci pare, ma perché fai di tutto affinché possiamo guarire dal nostro male. Ferisci il nostro cuore con la luce che viene da Te, così che possiamo riconoscere ciò che in noi è lontano dal Tuo progetto; mostraci la strada per poter ritornare a Te, dove potrai restaurarci e restituirici la bellezza originaria.
    


[1] Efrem il Siro,  Inni sulla fede, X,7
[2]  Sul Levitico, VIII,1

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