XXV DOM. T.O.
Giorgio Gaber ha una bellissima canzone che dice: “Gente che parla gente che ride e che non dice quello che pensa gente
che parla e che ripete solo parole e niente di più. Parole, parole, parole che sono come fiori, ma finte
e senza profumo … parole, parole, parole, gridate nel vento e nel sole, disegni
di fumo nell’aria, discorsi imparati a memoria”. E’ una denuncia
di tutti quei discorsi che sono belli in apparenza, ma che vuoti, finti,ingannevoli, illusori e quindi inutili.
Gesù non illude; non blandisce con promesse false; non fa pubblicità
ingannevole. Questo
ci fa capire con certezza che la Sua parola è vera, perché non promette nulla
di facile; nessuna liberazione a buon mercato, nessuna felicità illusoria.
Egli non vuole aumentare inutilmente il numero di coloro che Lo seguono -
lo sa che non conta nulla -, ma vuole salvare l’uomo per davvero e
radicalmente. Abbiamo ben presente dove è finita tutta la folla festosa che Lo
ha accolto all’ingresso di Gerusalemme: quando non c’era più nulla da ottenere,
ma solo da seguire il Signore verso la Sua passione tutti se ne sono andati. Chi
c’era sotto la croce? Cosa ha risposto Pietro alla serva del Sommo sacerdote
che lo accusava di essere della compagnia di Gesù? Del reso il Signore l’aveva
detto: “In verità, in verità io vi dico:
voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di
quei pani e vi siete saziati” (Gv 6,26).
Ai discepoli Gesù annuncia il Suo destino: «Il Figlio
dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una
volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» (Mc 9,31). Gesù
fa compassione, perché mentre parla della sofferenza e dell’umiliazione che Lo
attendono, i Suoi amici, compagni e discepoli Lo lasciano camminare da solo e
confabulano tra di loro. “Di che cosa stavate
discutendo per la strada?”. La risposta è un silenzio pieno di imbarazzo e
vergogna, perché sanno che in quella discussione si era manifestato il loro desiderio
in contraddizione con l’insegnamento di Gesù: ognuno era stato tentato – e
forse lo aveva anche espresso a parole – di aspirare e di pensarsi al primo
posto nella comunità. Avevano rivaleggiato gli uni con gli altri. Addirittura sembra che stiano
pensando proprio al dopo, quando Lui non ci sarà più: qualcuno dovrà pur diventare
il responsabile del gruppo. Sono ancora completamente fuori dalla logica di
Gesù. Eppure stanno con Lui, Lo ascoltano, Lo vedono agire! Non è così semplice
diventare uomini nuovi.
Gesù va a Gerusalemme per dire con i fatti
l’amore di Dio per l’uomo. Con il Suo sacrificio Egli dice: “Tu
sei importante; la mia vita non conta nulla davanti alla tua salvezza”. “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un
privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di
servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò
se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil
2,6ss). I discepoli invece sono autocentrati; in realtà non sono nemmeno
discepoli, perché non stanno seguendo Gesù, ma vogliono servirsi di Lui. Essi
sono al centro del rapporto con Gesù.
In “La verità”, Brunori Sas canta: “Te ne sei accorto, sì che parti per scalare le montagne e poi ti fermi al
primo ristorante. E non ci pensi più .… Che passi tutto il giorno a disegnare
quella barchetta ferma in mezzo al mare e non ti butti mai. Te ne sei accorto o
no che non c’hai più le palle (IL CORAGGIO) per rischiare di diventare quello
che ti pare.
E non ci credi più. … La verità è che non vuoi cambiare che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose a cui non credi neanche più” (Dario Brunori, La verità). Ci siamo accomodati in una religiosità senza rischi e senza passione, che non ci disturba mai e ci lascia sempre uguali a noi stessi, con quei desideri tutti umani che hanno il respiro corto. Continuiamo a camminare per la via discutendo, ma lasciando Gesù in disparte, sullo sfondo. Eppure ancora una volta Egli con pazienza non ci sgrida, ma cerca di farci crescere, di entrare nella Sua logica.
E non ci credi più. … La verità è che non vuoi cambiare che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose a cui non credi neanche più” (Dario Brunori, La verità). Ci siamo accomodati in una religiosità senza rischi e senza passione, che non ci disturba mai e ci lascia sempre uguali a noi stessi, con quei desideri tutti umani che hanno il respiro corto. Continuiamo a camminare per la via discutendo, ma lasciando Gesù in disparte, sullo sfondo. Eppure ancora una volta Egli con pazienza non ci sgrida, ma cerca di farci crescere, di entrare nella Sua logica.
Oggi Alessandro Maria viene battezzato,
entra nella Chiesa come nuova creatura. Oggi riceve il dono gratuitamente, ma
dovrà imparare a diventare ciò che è diventato. Ha bisogno di Francesco e
Lucia, della sua famiglia, ma anche di noi. Egli oggi diventa cristiano, ma da
domani dovrà imparare a esserlo. I bambini imparano da quello che vedono.
Lasciamo rendere responsabili da Alessandro Maria. Per lui e per i piccoli come lui, scegliamo
di diventare anche noi ciò che siamo.
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