Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

sabato 3 novembre 2018

L'amore non mi basta


XXXI DOM. T. O.

     Quando dobbiamo fare qualcosa per Dio, secondo le Sue richieste, spesso ci lamentiamo, perché ci sembra tutto troppo impegnativo; quando invece dobbiamo fare qualcosa secondo il nostro gusto, nessuno sforzo ci sembra eccessivo (per ex. digiunare nei tempi penitenziali, no, ma per dimagrire, si).

    Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”  (Mc 12,30), ci sembra molto difficile, quasi impossibile, ma in realtà, se ci soffermiamo solo un attimo, ci accorgiamo che l’amore vero è sempre così: coinvolge tutto di noi stessi. Quando amiamo qualcuno, niente di noi rimane escluso: non il corpo, non la psiche, non i sentimenti, non la volontà; tutto ciò che ci appartiene viene messo in gioco. Il Signore ci chiede di essere tirato fuori da quello sciocco gioco di parole che dice: “Ti amo, ma …”; parole facili che non trovano riscontro nella vita. Oggi tante realtà vengono chiamate amore, ma con l’amore non hanno nulla a che spartire,  spesso non solo altro che varie declinazioni dell’egoismo egocentrico.
     Il Signore non ci chiede altro che di essere amato e di non lasciarLo relegato nell’angolo dei conoscenti, di coloro che si conoscono per sentito dire e, di lasciarGli spazio nella parte più profonda di noi stessi.
     L’amore nasce dalla conoscenza e la conoscenza è frutto della relazione. Per questo il primo comandamento è: “Ascolta”. Si ascolta qualcuno che parla. Ecco cosa desidera il Signore. Dall’ascolto nasce l’obbedienza. Infatti “obbedire” deriva dal latino ob – dinanzi e audire -  ascoltare. E’ questo che Gesù ricorda a Pietro subito dopo la grande confessione di Cesarea: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre  mio che sta nei cieli” (Mt 16,17). Nello stesso senso, è esemplare l’incontro di Gesù con le sorelle Marta e Maria, a Betania. Maria si è accoccolata ai piedi di Gesù, prefigurando l’atteggiamento dell’ascolto, Marta invece, indaffarata in cucina, era distante dall’ospite. L’ascolto è ospitalità che consente a Dio di penetrare nella nostra intimità.
      Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam, 3, 9). Questa è la risposta che il vecchio Eli insegna al giovane Samuele (1Sam 3,1-10;19s). Nella scuola dell’ascolto abbiamo bisogno di essere orientati; abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a capire se siamo in ascolto e di chi siamo in ascolto: noi stessi, gli altri, Dio? Ognuna di queste forme d’ascolto ha un nome: autonomia, eteronomia, teonomia.
     E’ più facile dire: “A te grido, Signore, mia roccia, con me non tacere: se tu non mi parli, sono come chi scende nella fossa  (Salmo 28,1) che, riconoscere di essere indisponibili all’ascolto o incapaci di percepire il linguaggio di Dio. Egli però non cessa di cercare le vie possibili per continuare a parlare con noi, perché sa benissimo che, meno ascoltiamo, più percorriamo le nostre vie e non le Sue vie e, più ci avviamo velocemente verso la rovina.
     Gesù è molto chiaro: “Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande» (Lc 6,47s). L’ascolto pone le fondamenta per una vita solida; non priva di fatica, rischi, delusioni, dolori, ma solida. Su entrambi i tipi di abitazioni si abbatte la tempesta, sotto entrambi la terra trema, l’unica differenza è il modo in cui si resiste alla prova. La scelta di ascoltare e seguire il Signore non ci risparmia la sofferenza, ma ci dà la capacità di viverla nella fiducia.
     La voce di Dio va ascoltata, anche perché Lui è l’unico che conosce pienamente l’uomo e che conosce personalmente ciascuno di noi e la parola che ci dice è quella che ci è necessaria. Egli non parla sopra le nostre teste, non parla al vento, ma a me e a te. E’ una parola che vuole consolare, edificare, correggere, provocare, curare, chiamare ecc …
     Da quest’incontro profondo scaturisce inevitabilmente l’amore per il prossimo. L’altro è la prova dell’amore per Dio: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello”  (1Gv 4,19ss).
     Insegnami Signore ad allargare lo spazio della mia tenda, così che Tu vi possa trovare casa. Entra e parla al mio cuore; feriscilo con la spada della Tua parola, così che possa essere purificato da tutto ciò che mi impedisce di vivere in pienezza.



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