Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 24 marzo 2019

Ho osservato la miseria del mio popolo … e ho udito il suo grido



III DOM. QUAR.

     Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo … e ho udito il suo grido …: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo … e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele» (Es 3,7). Dio non è indifferente;
non sta rinchiuso in un cielo lontano, in attesa che gli arrivino le preghiere e il profumo dell’incenso, ma è dentro le vicende degli uomini: “tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie” (Salmo 140,2s). Potessimo fare tutti l’esperienza di questo sguardo; come cambierebbe il nostro modo di affrontare la vita.
      Sappiamo che Mosè è stato salvato dalle acque, nelle quali era stato gettato, ora Dio gli chiede di diventare a sua volta mediatore di salvezza, perché, come scrive san Paolo: “Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio” (2Cor 1,4).
     Gesù ripete oggi più volte: “se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,3). Convertirci da cosa? Dall’indifferenza, alla responsabilità; dal “sono forse il custode di mio fratello” a “non posso non essere il custode di mio fratello”.
     Dio chiede a Mosè e a me e a te, di ascoltare il grido di dolore dell’uomo. Egli ci invia a umanizzare un mondo disumanizzato, che ha escluso Dio dal suo orizzonte e, quindi, considera l’essere umano solo materia; crea uomini di scarto; mette l’economia al centro di tutto; fa delle persone dei mezzi da usare a piacimento e non dei fini per i quali lavorare instancabilmente; sostituisce la relazione con l’individualismo; ha creato la comunicazione a distanza che impedisce al volto dell’altro di approssimarsi; crede che vivere, significhi aggiungere giorni alla vita e non vita ai giorni, ecc …
     Dio chiede a me e a te di portare vita là dove non vi è che morte o sopravvivenza: “Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch'io porti amore, dove è offesa, ch'io porti il perdono, dove è discordia, ch'io porti la fede, dove è l'errore, ch'io porti la Verità, dove è la disperazione, ch'io porti la speranza. Dove è tristezza, ch'io porti la gioia, dove sono le tenebre, ch'io porti la luce” (Preghiera attribuita a San Francesco, ma non sua).
     Agli inizi del XX secolo, Parma ha visto camminare lungo le sue strade una donna, Anna Maria Adorni che, ha fatto suo il grido delle carcerate e delle prostitute e ha cominciato a visitarle e accoglierle; Padre Lino, il frate che da questa nostra chiesa si è fatto carico della fatica dei poveri dentro e fuori delle carceri; dei bambini del riformatorio; Monsignor Conforti, vescovo della città che, nel contempo ha esteso il suo sguardo d’amore al mondo intero, fondando un istituto dedito al servizio dell’uomo ovunque ne avesse bisogno. Con loro e con coloro che si sono lasciati trascinare dalla loro testimonianza, Parma è divenuta meno disumana. Costoro non sono stati capaci di passare oltre, perché la sofferenza dell’uomo li ha “ossessionati”, riempiendoli di una tenerezza che si è trasformata in fatti concreti.
     Ogni uomo non è uomo se non è santo … questa santità … è in fondo la sua vera e unica identità … di questa identità Gesù è l’esemplare” (A. Paoli, Quel che muore, quel che nasce, 46); questo è l’appello che ci rivolge adesso Gesù; questa è la mèta a cui ci vuole portare il nostro percorso di fede.
     Dio ci chiama a una spiritualità che ci affina l’udito, tanto da farci udire il grido dell’uomo; che ci rischiara la vista, così da vedere la miseria dell’altro. Il Signore ha “bisogno” di noi e di ciascuno di noi per salvare il nostro tempo. Non ha bisogno di proclami, di manifestazioni, di giochi di parole, ma di persone che sappiano lasciarsi provocare e scomodare.
     Signore, non permettere che io sia sordo e cieco; non lasciare che veda solo le mie fatiche, ma dammi il Tuo sguardo e i Tuo udito, così che, quando Tu ripeterai: «Chi manderò e chi andrà per noi?», io possa rispondere: «Eccomi, manda me (Is 6,8).

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