III DOM. PASQUA
“Quanto sono dolci al mio palato le tue
parole: più del miele per la mia bocca. Dai tuoi decreti
ricevo intelligenza” (Salmo 118, 103s). La Parola di Dio non ci è data per arricchire
il nostro bagaglio culturale,
ma per orientare l’esistenza e renderla più bella,
piena, vera; per questo è “lampada ai
miei passi e luce sul mio cammino”. Se non temessimo di sembrare
presuntuosi, potremmo dire con il salmista: “Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi
insegnamenti” (Salmo 118,99). Pensare che la cultura dominante vuole
escludere dalla vita comune il Vangelo. Cosa si perde!
Pietro e gli altri “quella notte non
presero nulla” (Gv
21,3). Sembra una nota di scarsa importanza, in realtà queste poche
parole hanno un altissimo valore esistenziale. E’ come se, gli Apostoli, avessero
archiviato l’esperienza con Gesù, come se non fosse avvenuto niente di straordinario
e tornano quindi a fare ciò che facevano prima. Una volta incontrato il
Signore, però, nulla è più come prima.
Perché non pescano nulla? Gesù stesso
risponde: “Come
il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così
neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non
potete far nulla” (Gv 15,4s). Del resto Cristo Gesù è la Via, la
Verità e la Vita; chi vuole viere in pienezza, ha davanti a sé la via vera del
Vangelo da percorrere. Al contrario, emarginare Cristo, ha un costo altissimo.
Quand’è che siamo separati da Cristo?
Certamente quando non facciamo un serio cammino spirituale; quando Lui non è
che una vaga conoscenza, di cui abbiamo sentito parlare, ma che non abbiamo mai
incontrato di persona. Può succederci anche, come al figlio maggiore del Padre
misericordioso che, pur rimanendo in casa e obbedendo a suo padre, non si è mai
sentito amato e non lo ha mai amato. Questo significa che si possono anche
compiere dei gesti e dei segni “spirituali”, frequentare i luoghi spirituali, ma
nello stesso tempo non consentire al Signore di condizionare la nostra
esistenza.
Non c’è bisogno di essere chissà che, per potere essere dei seguaci di
Gesù. Lo dimostra molto bene Gesù affidando a Pietro il Suo popolo. Tre volte lo interroga; due gli chiede che se
Lo ama, ma Pietro, nella sua ingenuità, Gli risponde che “Gli vuole bene”.
Sappiamo che non è la stessa cosa, amare e volere bene. Eppure Gesù non si
irrita con il Suo apostolo, non lo rimprovera, bensì accetta che in quel
momento egli non possa fare di meglio. La terza volta Gesù non gli ripete: “Mi ami?”, bensì: “Mi vuoi bene?”. E’ Lui che si adatta a noi, ma per farci crescere.
Scrive papa Francesco ai giovani:
“Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo
mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di
vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano
sono: Lui vive e ti vuole vivo! Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai.
Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama
e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i
rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e
la speranza. (Papa Francesco, Christus
vivit, 1-2).
Signore Gesù non voglio accontentarmi; voglio vivere in pienezza. So che
Tu sei la Via, ma faccio così fatica a percorrerla; tante volte mi fermo, torno
indietro o, non so dove andare. Prendimi per mano, perché non voglio stare sulla
barca senza di Te e non pescare nulla. Non voglio che la mia vita sia senza
frutto.
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