XVII DOM. T.O.
“Signore , insegnaci a
pregare” (Lc 11,1). Questi
uomini adulti che, certamente pregavano già da alcuni anni,
riconoscono che Gesù è diverso anche in questo; si lasciano
provocare e sono disponibili a cambiare. Beata
disponibilità!
Quante
volte ho sentito sminuire il valore del Padre nostro,
da persone che, in perfetta buona fede, credono di pregare veramente
solo quando usano le proprie parole. Quante volte ripetiamo a
“pappagallo”, questa bellissima preghiera, rendendola totalmente
INEFFICACE.
La
preghiera
è CREATRICE; opera se
la si lascia operare.
Dobbiamo
chiedere al Signore che ci insegni a pregare di modo che Lui possa
realizzare
in noi le Sue meraviglie. Come
non si può rimanere indenni entrando a contatto con il fuoco, così
la relazione personale con Dio.
Nel
greco biblico la preghiera è proseuchè
e
pregare proseuchomai,
i
due termini sono introdotti dalla preposizione pros
che,
evoca «movimento verso» o «relazione con»; il sostantivo si
completa con euche,
euchomai
(augurare,
volere, desiderare, pregare, attendere con ansia). Pregare
è un avvicinarsi, entrare in relazione con un desiderio profondo:
“Come la cerva
anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te o Dio”;
non
è il freddo accesso all’ufficio richieste.
Gesù
dice di “bussare,
chiedere e cercare”,
per ricevere lo Spirito Santo e, dove Lui soffia, nulla rimane
uguale. Con Lui giungono i doni: Consiglio,
Intelletto, Fortezza, Pietà, Scienza, Sapienza, Timor di Dio
e, maturano i frutti: amore,
gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e
dominio di sé.
Pregare
è come irrorare la terra e farla germogliare. Non
quando proviamo piacere, preghiamo davvero, ma quando questi frutti
cominciano a germogliare.
Cosa
ci insegna il Padre nostro?
Che, al centro della preghiera non ci siamo noi, ma Dio. Più siamo
noi al centro e più la preghiera è in pericolo, perché nel momento
stesso in cui non se ne trae un beneficio o
godimento immediato, essa
cessa. Chi deve essere santificato? Il Signore Dio. Chi deve regnare?
Il Signore Dio. Chi dà il pane quotidiano, perdona, sostiene nella
tentazione e libera dal male? Sempre Lui.
Questa
preghiera è rivoluzionaria, perché impegna
personalmente e in maniera radicale.
Nel
momento stesso in cui chiediamo: sia santificato il Tuo nome, venga
il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà, stiamo dicendo a Dio che,
noi siamo a piena disposizione, affinché ciò si realizzi nella
nostra persona. Dire
il Pater,
significa adoperarsi per rimuovere tutti gli ostacoli nella nostra
storia personale alla realizzazione del progetto di Dio. Siamo
noi, con la nostra vita, che possiamo mostrare la bellezza del
Signore,
permettendoLli
di regnare in noi e attraverso di noi; accogliendo e mettendo in
pratica la Sua volontà o “profanare
il Suo nome”,
sfigurare
il Suo volto con una vita antievangelica;
-
non
vogliamo più fondare
la nostra sicurezza sulle
cose materiali,
ma dopo avere fatto tutto il necessario, ci abbandoniamo alla
provvidenza di Dio, il quale concede il pane per oggi, come la manna
nel deserto. La
manna veniva concessa nella quantità necessaria: “colui
che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo; colui che ne
aveva preso di meno, non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto
ciascuno poteva mangiarne”
(Es 16,18). In
questo modo non accaparriamo beni, che sottraiamo agli altri;
-
siamo
noi che, presa coscienza dei nostri peccati, possiamo lasciarci
liberare da Lui, ma se crediamo di essere più immacolati della
Vergine Maria, cosa può fare?
-
ci
impegniamo a essere mediatori della Sua misericordia nei confronti
dei fratelli e sorelle che ci sono debitori e,
non ci consentiamo più di essere uomini e donne dal cuore duro. Non
possiamo non fare un riferimento ad Abramo e a quella bellissima
preghiera per salvare una città, profondamente
infettata dal male. La misericordia di Abramo, vuole forzare
delicatamente, ma con decisione, la giustizia divina. Che
bello essere intercessori per l’umanità!
-
ci impegniamo a “fuggire
il male con orrore e ad attaccarci
al bene”
e
non a lasciare libero spazio all’azione del maligno.
Grazie
Signore, perché ci hai insegnato a pregare; ora con la grazia dello
Spirito Santo, accompagnaci così non ricadremo in ciò che appare
solo come preghiera, ma che tale non è.
Padre,
accogliamo l’antico detto: “Si
cor non orat, invanum lingua laborat”
e Ti chiediamo di aiutarci a vivere la preghiera, nei tempi e nei
modi che la vita ci consente, come uno spazio di vera relazione con
Te, dove Tu, abile artista, puoi creare capolavori di bellezza.
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