XIX DOM. T.O.
“Vendete
ciò che possedete e datelo in elemosina” (Lc
12,33); “Chi
ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o
figlia più di me, non è degno di me” (Mt
10,37): ci troviamo davanti a delle parole talmente forti che ci
sembrano irrealizzabili, quindi rischiamo di passare oltre senza
dargli peso.
Proviamo invece a fermarci, senza paura, e vediamo cosa hanno da
dirci.
E
del tutto evidente che Dio
non sa che farsene della povertà; inoltre
Dio ci
ha proposto il comandamento dell’amore, per cui
certamente
non
vuole la chiusura delle relazioni, se
non sono espressione di una libertà cercata e
difesa.
Infatti,
“Cristo
ci ha liberati per la libertà! … voi
..., fratelli, siete stati chiamati a libertà” (Gal
5,1;13) e “L’uomo
… è schiavo di ciò che lo domina”
(2Pt 2,18). La
libertà è la precondizione per accogliere e seguire Gesù Cristo.
Possiamo
usare un’immagine che, forse, ci è più chiara: chi vuole correre
la maratona, non può pensare di tenersi sulle spalle uno zaino di un
quintale, deve prima, necessariamente, liberarsene per essere più
leggero.
San
Francesco ha ben compreso quanto potere può avere il denaro e i beni
materiali su una persona, per questo li ha esclusi radicalmente dalla
sua vita; ha
anche
accettato
il rifiuto di suo padre, perché non
voleva nulla che occupasse il cuore. Egli sapeva bene che, ci
sono realtà buone in sé, ma che rischiamo di prendere troppo spazio
e di distrarre da ciò che conta.
Oggi
ci è chiesto di guardare dentro il nostro cuore, per comprendere
cosa veramente ci preme. Ciò serve per dirci la verità e capire
per che
cosa
stiamo vivendo.
E’ importante? No, direi che è essenziale,
perché
a seconda di come ci stiamo muovendo, delle
scelte che facciamo, da quali desideri siamo abitati, possiamo
camminare verso la meta giusta, oppure camminare a vuoto, sprecando
vita e
allontanandoci drammaticamente dal nostro bene.
Questo
fa la differenza tra vivere in pienezza e sopravvivere.
Sant’Agostino
scrive: “ci
hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in
te. Che io ti cerchi, Signore” (Agostino,
Le
confessioni, 1,1.5);
noi al contrario, rischiamo di essere troppo pieni di surrogati di
felicità che, invece di riempirci, chiedono solo si aumentare la
dose, come gli antidolorifici, ai quali presto ci si assuefà e
diventano inefficaci. Anche
l’acquisto più bello non ha il potere di farci star bene più di
qualche giorno.
Al
termine di un pranzo di nozze, a nessuno verrebbe in mente di andare
a casa e cenare, così chi è sazio, non ha bisogno di nulla.
Come
facciamo a essere testimoni credibili di Cristo, se noi stessi non lo
attendiamo più, perché già apparentemente pieni e soddisfatti?
Cristo sembra più un fantasma che ci aleggia intorno che, il
Signore, via vera della vita.
Il
XX secolo ha visto crescere l’ateismo, vera e proprio negazione
dell’esistenza di Dio, percepito come “salvagente” immaginario,
per persone incapaci di nuotare del mare della vita. Il nostro
secolo, invece, almeno nell’Occidente europeo, si caratterizza per
l’indifferenza; semplicemente non c’è più posto per Dio e il
Vangelo. Il nostro mondo non è più contro Dio, ma senza Dio. Egli
non è più atteso, non più, almeno, di un parente noioso che,
purtroppo non si
può evitare di ricevere.
La
Chiesa dovrebbe essere lo spazio di “mai sazi”, di coloro che non
s’accontentano che, non s’adeguano che,
pur vivendo nel mondo, sanno discernere tra ciò
che
è essenziale e ciò che è relativo; ciò che fa bene alla vita e
ciò che le nuoce; ciò che avvicina a Dio e, ciò che Lo tiene a
distanza.
Spirito
Santo, luce divina, illumina il nostro spazio interiore; facci vedere
cosa lo abita e poi, come sapienti, insegnaci a gettare via tutto ciò
che è superfluo. Fai sentire anche a noi l’inquietudine per la
certezza che, soltanto una vita con Dio, può saziare i nostri
giorni.
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