XXV DOM. T.O.
Questo
è un passo evangelico che crea spesso disorientamento, perché
SEMBRA sostenere la disonestà. Vi sembra possibile? E’ evidente
che, ci deve essere sotto
qualcosa
di diverso.
“Così
dice il Signore: «…
non revocherò il mio
decreto di condanna, perché hanno venduto il giusto per denaro e il
povero per un paio di sandali, essi che calpestano come la polvere
della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei
miseri, e … Su vesti prese come pegno si stendono presso ogni
altare … Ecco, vi farò affondare nella terra, come affonda un
carro quando è tutto carico di covoni. Allora nemmeno l’uomo agile
potrà più fuggire né l’uomo forte usare la sua forza, il prode
non salverà la sua vita né l’arciere resisterà, non si salverà
il corridore né il cavaliere salverà la sua vita. Il più
coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno!» (Am
2,6-8;13-16). Bastano queste poche parole per non avere dubbi, se ce
ne fossero. In
ogni caso andiamo
avanti con la lettura e comprendiamo
bene che la disonestà non è tollerata da Dio: “Chi
è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti;
e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose
importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza
disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli
nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può
servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure
si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire
Dio e la ricchezza» (Lc
16, 10ss).
Le
nostre azioni e i nostri pensieri possiamo nasconderli agli uomini e
anche a noi stessi, ma certamente non a Dio: “Dicono: «Il
Signore non vede, il Dio di Giacobbe non intende». Intendete, …:
stolti, quando diventerete saggi? Chi ha formato l’orecchio, forse
non sente? Chi ha plasmato l’occhio, forse non vede? Colui che
castiga le genti, forse non punisce, lui che insegna all’uomo il
sapere? Il Signore conosce i pensieri dell’uomo: non sono che un
soffio” (Salmo 94, 7ss).
Allora
di cosa sta parlando Gesù? “Il padrone lodò
quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza”
(Lc 16,8). Non
è la disonesta che
Gesù ammira, ma l’abilità e
l’inventiva, la furbizia
con cui il fattore cerca di mettere al sicuro il proprio avvenire,
appena
si accorge che il suo futuro è in pericolo. Egli
si mostra astuto, volgendo
a proprio vantaggio la difficile situazione in cui è venuto a
trovarsi. Ebbene, il cristiano non dovrebbe essere altrettanto
pronto, attento
e risoluto nell’assicurarsi nel tempo presente il regno di Dio?
La parabola non dovrebbe
essere intitolata «Il
fattore infedele», come
spesso avviene, bensì «Il
fattore astuto».
Gesù
desidera che l’ardore per la giustizia, renda
i cristiani altrettanto capaci
di trovare soluzioni a favore
degli uomini. Il giorno in
cui consacreremo lo stesso tempo tempo e materia grigia che,
investiamo per conservare e moltiplicare il denaro, per aprire
strade a favore della
giustizia, il mondo cambierà.
In
sostanza è come se Gesù ci stesse dicendo: “Scegliete Dio,
radicalmente e, mettete le vostre abilità al servizio del Regno di
Dio”. Tutto questo può
essere fatto, solo se, come “figli della luce”, sappiamo
con certezza che il denaro, in fondo non è che un piccolo affare,
perché il Regno di Dio è il grande “affare”.
«Io vi dico: fatevi amici con
la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare vi
accolgano nelle dimore eterne» (16,9).
C’è un solo modo per essere astuti come il fattore della parabola:
utilizzare le proprie ricchezze per aiutare chi
è nel bisogno. Tutto
questo significa che i cristiani non possono vivere facendo del
denaro il fine della loro esistenza; esso non può che essere un
MEZZO e niente di più, per vivere e aiutare a vivere. Mai
le logiche malate dell’economia, possono coinvolgere i cristiani
che, sanno bene di essere custodi
dell’umanità, loro affidata direttamente da Dio. Con
Dio non si scherza. Ricordiamo il ricco epulone che, “indossava
vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti
banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto
di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del
ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe”; alla
sua morte gli viene detto: «Figlio,
ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i
suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in
mezzo ai tormenti” (Lc
16, 19s).
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