Da un discorso dell'allora cardinal Ratzinger:
"La battaglia per i crocifissi nelle scuole, che viene condotta oggi
in Polonia e che, al tempo del Terzo Reich, fu condotta dai nostri genitori in Germania ha un carattere assolutamente sintomatico. Per i genitori polacchi — come allora per i nostri — il crocifisso nella scuola è il segno di un ultimo brandello di libertà, che non ci si vuole lasciare strappare dallo Stato totalitario. È la garanzia di una dignità umana nella cui abolizione i genitori vedono la pretesa dello Stato di disporre liberamente degli uomini pretesa che non si lascia più misurare dalla Croce e che, dunque, non ha più alcuna misura. Quegli uomini lottano per il riconoscimento pubblico del cristianesimo e lottano per il patrimonio di dignità e di misura umana di cui anche lo Stato ha bisogno. Se non abbiamo però la forza di comprendere e di conservare questi segni nella loro imprescindibilità, il cristianesimo diventa qualcosa di cui si può fare a meno. Ma lo Stato non diventa per questo più pluralistico e più libero, bensì rimane senza fondamenti. Lo Stato ha bisogno di segni pubblici della realtà che lo sostiene. Anche i giorni di festa, come configurazione pubblica del tempo, hanno lo stesso significato.
Per questo il cristianesimo deve difendere tali segni pubblici della sua rilevanza per gli uomini. Però, lo può fare solo se lo sostiene la forza del riconoscimento pubblico.
In questo consiste la sfida. Se non siamo coscienti e non sappiamo convincere, non abbiamo alcun diritto a reclamare un riconoscimento pubblico. Se le cose stanno così, siamo superflui e lo dobbiamo riconoscere. Allora, però, con la nostra stessa mancanza di convinzione priviamo la società di ciò che le è oggettivamente indispensabile: i fondamenti spirituali della sua umanità e della sua libertà. La sola forza, con la quale il cristianesimo può ottenere il riconoscimento pubblico, è in fondo la forza della sua intrinseca verità. Questa forza però è oggi indispensabile come sempre, perché l’uomo senza verità non può sopravvivere. Questa è la sicura speranza del cristianesimo, questa è la gigantesca provocazione che lancia a ciascuno di noi".
Discorso al Convegno internazionale del Pontificio Consiglio per la cultura.
"La battaglia per i crocifissi nelle scuole, che viene condotta oggi
in Polonia e che, al tempo del Terzo Reich, fu condotta dai nostri genitori in Germania ha un carattere assolutamente sintomatico. Per i genitori polacchi — come allora per i nostri — il crocifisso nella scuola è il segno di un ultimo brandello di libertà, che non ci si vuole lasciare strappare dallo Stato totalitario. È la garanzia di una dignità umana nella cui abolizione i genitori vedono la pretesa dello Stato di disporre liberamente degli uomini pretesa che non si lascia più misurare dalla Croce e che, dunque, non ha più alcuna misura. Quegli uomini lottano per il riconoscimento pubblico del cristianesimo e lottano per il patrimonio di dignità e di misura umana di cui anche lo Stato ha bisogno. Se non abbiamo però la forza di comprendere e di conservare questi segni nella loro imprescindibilità, il cristianesimo diventa qualcosa di cui si può fare a meno. Ma lo Stato non diventa per questo più pluralistico e più libero, bensì rimane senza fondamenti. Lo Stato ha bisogno di segni pubblici della realtà che lo sostiene. Anche i giorni di festa, come configurazione pubblica del tempo, hanno lo stesso significato.
Per questo il cristianesimo deve difendere tali segni pubblici della sua rilevanza per gli uomini. Però, lo può fare solo se lo sostiene la forza del riconoscimento pubblico.
In questo consiste la sfida. Se non siamo coscienti e non sappiamo convincere, non abbiamo alcun diritto a reclamare un riconoscimento pubblico. Se le cose stanno così, siamo superflui e lo dobbiamo riconoscere. Allora, però, con la nostra stessa mancanza di convinzione priviamo la società di ciò che le è oggettivamente indispensabile: i fondamenti spirituali della sua umanità e della sua libertà. La sola forza, con la quale il cristianesimo può ottenere il riconoscimento pubblico, è in fondo la forza della sua intrinseca verità. Questa forza però è oggi indispensabile come sempre, perché l’uomo senza verità non può sopravvivere. Questa è la sicura speranza del cristianesimo, questa è la gigantesca provocazione che lancia a ciascuno di noi".
Discorso al Convegno internazionale del Pontificio Consiglio per la cultura.
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