Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 13 ottobre 2019

Lasciamoci curare

XXVIII DOM. T.O.

Gesù, maestro, abbi pietà di noi” (Lc 17,13). Per poter essere aiutati da Dio e, non solo, ci vuole il desiderio che, si esprime con una richiesta.
Sembra scontato, ma in realtà c’è un mare di persone che, non possono essere aiutate, in quanto non vogliono essere aiutate a uscire dalla loro “malattia”. Come mai? Perché costa un impegno ritenuto eccessivo; perché hanno gettato la spugna dopo avere applicato cure inadeguate o del tutto sbagliate (cfr. emorroissa); perché nessuno li sostiene e non se la sentono di camminare da soli; perché gli è stato detto che sono inguaribili, ecc …
Ascoltiamo allora queste parole che, sono come un balsamo: “Hai compassione di tutti, perché tutto puoi ... Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata” (Sap 11,23s). Per questo Dio, nostro salvatore, ... vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”(1Tm 2,3bs). Egli vuole che “tutti siano salvati”, ma non impone nulla, perché la salvezza offerta, va prima liberamente accolta.
I dieci lebbrosi guariscono solo nel momento in cui si mettono in cammino, obbedendo: “mentre essi andavano, furono purificati” (Lc 17,14). Abbiamo ascoltato le parole di Naaman, dopo la sua immersione nel Giordano: “il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato” (2Re 5,14). Guardiano però quale fu la sua reazione quando il profeta Eliseo gli chiese di immergersi sette volte nel fiume: “Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse … (i), fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato” (5,11ss). Per un pelo non se n’è tornato a casa con la sua malattia.
Quante volte ci mettiamo a discutere con le cure di Dio, perché, presuntuosamente, crediamo di conoscerne delle nuove e più adeguate. Anzi, oramai diamo per scontato che la “medicina” di Dio non sia efficace:
- il sacramento della Riconciliazione: quanti lo vivono per quello che dovrebbe essere – momento di battaglia contro il peccato - e, non solo, come una sorta di psicoterapia gratuita? Il male e il peccato sono un virus che, se non combattuti, operano liberamente e devastano l’uomo;
-l’Eucaristia, farmaco d’immortalità: «Chi mangia di questo pane, vivrà in eterno» (Giovanni 6, 51-58), dice Gesù e questa non è solo riferita alla vita eterna dopo la morte, ma già alla vita nuova, piena, sana, matura oggi. Non possiamo però ridurre l’Eucaristia solo a un fenomeno sociale, orizzontale, dove conta di più lo scambio di pace che l’incontro col Cristo vivo. Il Cristo dell’Eucaristia tocca l’anima, e l’anima che viene toccata nelle sue profondità più abissali - dove solo Cristo, quindi Dio, può arrivare - è così felice di essere toccata in questo suo centro che risponde capendo di aver ricevuto il dono più grande fra tutti i doni possibili: l’amore di Dio. L’anima ha sete solo di questo. Ha sete d’Infinito. Vuole essere posseduta dall'Infinito” (A. Mosca Mondadori, Farmaco di imortalità).
- la parola di Dio: “Il tuo comando mi fa più saggio dei miei nemici, perché esso è sempre con me. Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti. Ho più intelligenza degli anziani, perché custodisco i tuoi precetti. Tengo lontani i miei piedi da ogni cattivo sentiero,
per osservare la tua parola. Non mi allontano dai tuoi giudizi, perché sei tu a istruirmi. Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca. I tuoi precetti mi danno intelligenza, perciò odio ogni falso sentiero”
(Salmo 119,97);
- la preghiera, non vissuta come una sorta di pratica di training autogeno (tecnica di rilassamento usata per la gestione dello stress e delle emozioni, e nei disturbi psicosomatici), ma come spazio di relazione e di incontro personale con il Signore della vita. La preghiera dove il Signore parla al nostro cuore è quella che risana, cambia la storia;
- la vita con le sue fatiche: più si scappa dalla fatica e meno si ha la possibilità di guarire, perché si vaga di luogo in luogo, di relazione in relazione, portando con sé il proprio male. Un ammalato lo si può traferire anche in un letto d’oro, ma sempre ammalato resta.
Gesù ha guarito dieci lebbrosi, ma solo uno è stato salvato, perché non si è accontentato di una guarigione temporanea, esteriore, per quanto preziosa, ma ha voluto essere risanato nel profondo. Egli non si è “accontentato” di un miracolo, ma ha scelto una guarigione totale. Questo è ciò che è offre Gesù Cristo, non un benessere passeggero, ma una vita nuova, ma non può imporcerla, se non la desideriamo.

Nessun commento:

Posta un commento