Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 5 luglio 2020

C'è giogo e giogo

XIV DOM. T.O.

Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. ... Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito(Mt 23,2s). I maestri religiosi del tempo:
gli scribi, i farisei, conoscitori della Legge , conoscitori della Legge, ne fanno uno strumento di potere e diventano oppressori, caricando le spalle del popolo «di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11,46). L’apostolo Pietro afferma: “perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare?” (At, 15,10).
C’è quindi una religiosità che, invece di dare vita, appesantisce i giorni. Non è forse anche per questo che tanti uomini e donne del nostro tempo non vogliono avere più niente a che fare con noi? Non è forse perché credono, ingiustamente, che siamo portatori di regole che tolgono solamente libertà? Ascoltiamo le parole di Bonhoeffer: “Certo, crediamo anche noi che tutt'altra gente ascolterebbe la Parola e ben altri si allontanerebbero da essa, se Gesù stesso, ... fosse in mezzo a noi con la sua Parola. … Non è certo solo colpa degli altri se la nostra predicazione, … appare loro dura e difficile, perché è farcita di formule e concetti a loro estranei. Non è certo vero che ogni parola che oggi vien detta contro la nostra predicazione è già un rifiuto di Cristo, un'opposizione al cristianesimo. Vogliamo veramente rinnegare la comunione con coloro che vengono ad ascoltare la nostra predicazione - e sono numerosi e che ciononostante sempre di nuovo devono ammettere, addolorati, che rendiamo loro troppo difficile l'accesso a Cristo? Sono convinti di non volersi sottrarre alla Parola di Gesù, ma che troppe sovrastrutture umane di istituzioni, di dottrina si frappongono tra loro e Gesù” (D. Bonoheffer, Sequela).
Certo, c’è una responsabilità nostra dalla quale non possiamo scappare: quando gli uomini vedono delle vite rese belle dal Vangelo, non possono che lasciarsi provocare; solo quando vedono che qualcuno ha trovato nel Cristo ciò che affannosamente stanno cercando, si lasciano attrarre e condurre. La letteratura ci offre un esempio di grande bellezza ne “I Miserabili” di Victor Hugo, dove si racconta di Jean Valjean che, dopo 19 anni di prigione per avere rubato un pezzo di pane, nel suo vagare, incontra il vescovo Myriel che lo accoglie in casa. Quest’uomo reso duro dalla sofferenza non si fida più di nessuno, ruba l’argenteria del Vescovo e fugge. Viene catturato e riportato dal Vescovo, il quale non solo afferma di avergli donato l’argenteria, ma gli rimprovera di aver dimenticato i doni più preziosi: due candelabri d’argento. Valjean non se ne priverà più, perché in quei candelabri continua a rivedre l’evento che da miserabile l’ha trasformato nuovamente in uomo. Il Vescovo, infatti, invece d’infuriarsi e pretendere giustizia, compie un gesto che ha il potere di toccare il cuore di quell’uomo indurito dal rancore, e conquistarlo: dona a Valjean quel che questi gli aveva portato via con l’inganno. Valjean risponderà. Tutto il resto del romanzo, mostra in un crescendo il frutto del seme gettato dal Vescovo nel suo cuore: una vita piena di gratuità, che porta Valjean a muoversi secondo una logica diversa da quella del mondo che gli ruota attorno, e che, a conti fatti, commuove.
Prendete il mio giogo” (Mt 11,29) dice Gesù. Il giogo è un pezzo di legno, molto pesante e solido che si poneva sul collo degli animali per trainare un carro. A noi fa pensare subito a un peso, a qualcosa che ci costringe, ma in realtà il giogo permetteva agli animali di condividere il peso e di trasportare grandi carichi. Quando Gesù ci parla del Suo gioco, non è semplicemente che lo possiede e lo pone sulla nostra schiena, bensì sotto quel giogo c’è Lui insieme a noi. Egli condivide la fatica, da’ il passo e la direzione, contrariamente agli Scribi e i Farisei che il peso lo scaricavano completamente sugli altri.
Rifiutiamo il giogo di Gesù, convinti che sia troppo pesante e poi ci lasciamo caricare o ci carichiamo noi stessi di situazione che ci lasciano senza fiato, per l’appunto stanchi e oppressi; Egli ci guarda con compassione e, invece di usare la frusta, ci invita ad abbandonare quei gioghi, per porre la nostra vita sotto il Suo, insieme con Lui.
Quando Eliseo ricevette la chiamata a diventare profeta dopo Elia “Costui arava con dodici paia di buoi .... Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio” (1Re 19,19ss).
Padre, donaci la libertà di Eliseo che, non ha esitato a lasciarsi dietro le spalle il passato, le abitudini, le sicurezze, insieme alla fatica; insegnaci a “trascinare” la storia con Tuo Figlio Gesù, mite è umile di cuore.

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