Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.
Gilbert K. Chesterton

domenica 11 ottobre 2020

E' questione di abito, non di luogo.

 

XXVIII DOM. T.O.

Udite queste, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla perché lo considerava un profeta” (Mt 21,45s). Gesù ha appena raccontato la parabola dei vignaioli omicidi; invece di lasciarsi provocare, reagiscono con una chiusura totale. Dice bene il proverbio: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.

Il Signore non si lascia spaventare e prosegue il discorso; invece di una vigna, presenta un pranzo di nozze, ma ribadisce, con parole diverse, lo stesso concetto.

Ci viene spontaneo puntare l’attenzione sulla risposta inadeguata, prima di una parte del popolo d’Israele con le sue guide e poi, inevitabilmente, a noi Chiesa di Cristo che vive nella storia, ma perdiamo di vista una cosa fondamentale: Dio ci cerca.

Vi invito a ripensare un attimo alla parabola della vedova importuna: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé … dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi” (Lc 18,2ss). Se non stiamo attenti, finiamo per applicare a Dio i connotati del giudice disonesto, mentre noi saremmo la vedova insistente che, deve vincere con lo sfinimento le resistenze del Dio-magistrato. Non mi soffermo su come dobbiamo intendere realmente il racconto, ma mi piace pensare che Dio sia rappresentato da quella vedova che viene verso ciascuno di noi, per ottenere attenzione. Del resto dice Gesù: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Dio non forza la nostra libertà, ma ci attrae a sé.

La parola fondamentale che stiamo ascoltando anche oggi è che Dio vuole regalarci la relazione con Lui; desidera accoglierci nel Suo mondo di bellezza. Non c’è da pagare nulla, bisogna solamente accogliere quest’invito.

Per quanto noi possiamo rispondere picche, perché abbiamo ben altro a cui pensare - “Essi, non curandosene, andarono chi al proprio campo, chi al proprio commercio” -, Lui non si arrende e continua a cercarci; nessuno è pregiudizialmente escluso. Per questo mangia e beve con i pubblicani e i peccatori; non ha difficoltà a lasciarsi bagnare i piedi dalle lacrime della peccatrice che lo raggiunge durante il pasto, ma ancora più non rifiuta di stare a tavola con Giuda e i Suoi Apostoli che, in un modo o nell’altro l’hanno tradito.

Certo, con la superficialità di chi non comprende adeguatamente il dono ricevuto, possiamo preferire i nostri orizzonti limitati, le nostre piccole attività, i nostri interessi. Stiamo attenti a non vivere come se avessimo a disposizione un tempo infinito, senza perciò valorizzare il momento presente. “Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24,37-39). Prima di annegare nel diluvio, la generazione di Noè é annegata in un quotidiano divenuto orizzonte totalizzante e stordente, un presente, come dice la nostra parabola, fatto di affari propri assolutizzati e ritenuti la cosa più importante di tutte anche se sono solo inezie. Non è nella profondità che si annega, ma nella superficialità” (Comunità di Bose).

Stiamo attenti anche la non-adesione (l’uomo che non ha l’abito nuziale), al rispondere a una chiamata, ma senza aderivi in verità e in radicalità, senza entrare in un vero dinamismo di cambiamento. Senza entrare dunque nel movimento di rivestire Cristo che caratterizza l’uomo nuovo. È il rischio grande di chi non esce mai da sé stesso, e non fa che coltivare il proprio io, senza lasciarsi mai toccare e trasformare veramente dallo Spirito Santo.

Perdonami Padre, se pretendo di stare nei Tuoi spazi, senza essere davvero Tuo. Nella mia infanzia, mi hai rivestito dell’abito nuovo con il Battesimo, ora aiutami a recuperare quella dignità e libertà che mi hai regalata e che io, a causa della mia povertà e superficialità, ho lasciato da parte.

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